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Cannes 2006 - 59esima edizione

Ultimo Aggiornamento: 02/06/2006 15:30
24/05/2006 13:21
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di Paolo Fiorelli e Rosa Baldocci

LUNEDI' 22 maggio

Pubblico estasiato e commosso invece per «Babel» di Alejandro Gonzales Inarritu, che mescola star come Brad Pitt e Cate Blanchet ad attori sconosciuti e non professionisti. Chi conosce il regista di «21 grammi» sa che Inarritu ama giocare con i destini di uomini uniti da coincidenze insignificanti ma capaci di annullare distanza e tempo. Qui racconta le storie di quattro gruppi familiari in Marocco, America, Messico e Giappone, uniti a loro insaputa dalle conseguenze di un gesto in sé positivo, il dono di un fucile da caccia regalato da un dirigente giapponese a una guida marocchina durante una spedizione di caccia. Ma l'oggetto non è altro che un banale espediente per trovare il filo del racconto in una «Babel» di uomini che non sanno più comunicare. Inarritu, affascinante e travolgente, con una bellissima testa di riccioli scuri, parla senza farsi pregare. «Quello che tento di fare è unire, dimostrare che gli uomini sono interdipendenti e che sono simili al di là delle loro differenze. Tutti soffriamo per le stesse cose, per líimpossibilità di amare, per líincapacità di esprimerci. E quando le parole non comunicano, il corpo diventa un arma».
E allora osservate Brad Pitt, qui invecchiato con rughe sotto gli occhi e capelli striati di grigio. C'è un momento nel film in cui parla al telefono con il figlio piccolo e scoppia a piangere. Che fosse bravo si sapeva fin dai tempi di «Fight Club», ma qui va più in là, ci tocca emotivamente e strappa anche alla Blanchett (che nel film recita la parte della moglie) un complimento non comune: «Lavorare con Brad Ë come mangiare cioccolato».
Finita la proiezione di «Babel» corsa al pranzo della Film Commission Piemonte che annuncia l'apertura di una nuova sede a Roma, ma soprattutto il progetto di un film sceneggiato (e forse anche diretto, ma la cosa non è certa) dal tastierista dei Subsonica Boosta. Il titolo sarà «Un'ora e mezza», la storia un noir con molta azione ambientato a Torino. Protagonista Valerio Mastrandrea. (r.b.)

Che cosa ci fanno insieme Bruce Willis, la minirocker Avril Lavigne e il capitano dell'Entreprise Kirk (al secolo Wiliam Shatner)? Presentano “Over the Hedge”, l'ultima fatica di animazione della Dreamworks di Steven Spielberg. Nel film danno voce rispettivamente a un intrepido procione, a una piccola opossum e al suo papà. E hanno una missione impossibile da compiere: saccheggiare il frigorifero di una famiglia di “umani” per raccogliere a tempo di record tutte le riserve di cui hanno bisogno per l'inverno. Quando li abbiamo incontrati Bruce Willis, che sfoggiava una inquietante T-shirt col disegno di vari pugnali, aveva voglia di scherzare: «Per entrare nella parte sono andato ad abitare per quattro settimane con una famiglia di procioni», dice, improvvisando la parodia del “metodo hollywoodiano”. «Ma poi ho dovuto lasciarli perché avevamo qualche problema di comunicazione». L'attore d'azione che nella sua carriera ha «salvato sette volte il mondo», come ci tiene a precisare con un tocco di pignoleria, si è trovato a suo agio in una parte completamente comica. «La cosa più bella è stato quando ho portato a vedere il film i miei figli. Anche se più del mio personaggio hanno amato la tartaruga doppiata da Garry Shandling. E questo, devo ammettere, mi ha un po' spiazzato». Il più rilassato era comunque William Shatner, che sembra aver preso il viaggio a Cannes alla stregua di una vacanza premio. «Ma guardate che sole, che mare…» continuava a ripetere. Per poi spiegare: «Quando cominci ad avere la mia età, vivi giorno per giorno e assapori ogni momento». L'intrepido capitano Kirk sostiene di essersi divertito a interpretare un opossum, «anche se esteticamente fa un po' schifo» e annuncia che è stato contattato per apparire nel grande ritorno di Star Trek, che avverrà con un film diretto da J.J. Abrams. I fan possono stare tranquilli: dopo tante voci e dubbi, sembra proprio che l'Enterprise sia di nuovo sulla rampa di lancio.

Procioni a parte, il Festival ha pagato un commovente tributo alla memoria di Marcello Mastroianni, con la proiezione di «Marcello, una vita dolce», di Mario Canale e Annarosa Morri. È un documentario che ricostruisce la carriera e il lato privato del grande attore, unendo vecchie interviste, materiale d'archivio e nuove testimonianze raccolte tra chi ha avuto la fortuna di lavorare col divo de “La dolce vita”, da Mario Monicelli a Philippe Noiret, da Suso Cecchi D'Amico a Giuseppe Tornatore. La reazione è di una struggente nostalgia: si vorrebbe riavere qui Mastroianni con il suo stile compassato, l'umanità e la leggerezza che lo contraddistinguevano. E nella cascata di elogi, resta impagabile il racconto dei suoi “difetti”: dalla mania per la pasta e fagioli (che si faceva cucinare da Catherine Deneuve) a quella di stare sempre al telefono tra un ciak e l'altro, che faceva infuriare Fellini e Visconti. Invece non si infuria per niente, anche se ne avrebbe tutte le ragioni, l'apatico protagonista del nuovo film di Aki Kaurismaki, qui intitolato «Les Lumières du Faubourg» (vi risparmiamo l'intricatissimo titolo finnico). Chiuso nel suo muro di solitudine e fatalismo, non reagisce neppure quando viene apertamente raggirato da una donna che lo usa per conto di una banda criminale e lo fa finire, innocente, in prigione. Lo stile è talmente “kaurismakico” da far sospettare, nel regista, la maniera di sé stesso: inquadrature fisse in cui si muovono ( si fa per dire) personaggi statici come disegni o statue, dialoghi brevissimi e stralunati, disperanti immagini di periferie desolate e di umana solitudine.

Oliver Stone ha presentato una piccola parte del suo prossimo, attesissimo film, non ancora pronto, che racconterà l'attentato del 2001 alle Torri Gemelle di New York. Si tratta dei primi 20 minuti della pellicola. Protagonista Nicolas Cage nei panni di un poliziotto della Grande Mela. L'azione comincia proprioa all'alba dell'11 settembre. E il ritmo è pacato, contemplativo. Vediamo la città svegliarsi e animarsi lentamente, in un giorno che sembra uguale a mille altri. Poi, in crescendo, si scatena il dramma. Ma Stone non mostra il momento in cui gli aerei si abbattono sulle torri, perché segue il punto di vista del poliziotto Cage, al quale le notize arrivano in maniera confusa e frammentaria.
Finché il protagonista non si ritrova nell'ìinferno delle torri, in un quadro da Apocalisse biblica, tra fogli e ceneri roventi che piovono dal cielo. E alla fine si ritrova sepolto vivo sotto uno strato di macerie. L'ultima immagine che vediamo, dopo un attimo di silenzio, è quella degli occhi del protagonista che si aprono nel buio assoluto, anneriti, spaventati, iniettati di sangue. E certo viene voglia di sapere che cos'altro gli succederà.

Ora al festival arriva Nanni Moretti con il suo Caimano: ma questo ve lo racconterà Rosa Baldocci, a cui passo il testimone per il diario della seconda settimana di Cannes. Sperando che la prima non vi abbia deluso…

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