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Troy

Ultimo Aggiornamento: 16/06/2004 09:55
04/06/2004 19:52
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Recensione
Dopo decenni di spietata ostilità sembra finalmente sbocciata la pace fra Sparta e Troia: i nobili rappresentanti delle due città, per suggellare l'intesa raggiunta, brindano festosi al tavolo di Menelao, re di Sparta. Ma Paride, principe di Troia e fratello di Ettore, commette l'errore di invaghirsi della bellissima Elena, moglie di Menelao, e vistosi ricambiato la persuade a seguirlo nel suo viaggio di ritorno verso Troia. L'offesa è insostenibile per Menelao, che per vendicarsi chiede aiuto al fratello Agamennone, a sua volta allettato dall'idea di riuscire a conquistare finalmente Troia. Le mura della città sono tuttavia salde, nessuno è mai riuscito a scalfirle, specialmente da quando è il valoroso Ettore a proteggerle. Ma alla testa dell'esercito greco, questa volta vi è Achille...

Film epico. Vi è forse una definizione più calzante da associare a questa pellicola? In essa vi è tutto ciò che sarebbe lecito attendersi da "Troy", libera trasposizione della parola di Omero, corposa ma scevra da fastidiose ridondanze narrative: un aspetto, questo, che è sempre un bene sottolineare. Ma non è neppure un prodotto di particolare pregio, quest'ultima, costosissima creazione assemblata da Wolfgang Petersen. Al regista tedesco va sicuramente ascritto il merito di non aver voluto strafare, di non essersi impuntato in una dissennata rincorsa a trovate visive inutilmente vistose e di aver piuttosto provato a 'raccontare'; ma complessivamente non gli è riuscito di dotare questa pellicola di personalità, di un'anima propria, distintiva e distinguibile.
L'ideale classico che sublima le gesta eroiche in quanto destinate a riecheggiare nei secoli è alla base del personaggio di Achille, "il più grande guerriero mai esistito", e viene più volte sottolineato a chiare lettere, per bocca dei personaggi, sin dai primissimi minuti. Un concetto, questo, che continuerà a vivere entro i confini della storia quivi narrata, ma che probabilmente non trarrà ulteriore spinta dal medesimo supporto filmico. Perchè la sensazione è che l'eco di "Troy"non si propagherà nei decenni a venire.

Se l'impronta registica non è forte quanto il mito di Ettore e Achille, anche la sceneggiatura partorita da David Benioff non è ispirata, pur se complessivamente coesa. Il pur dotato screenwriter de "La 25a ora" si prende molte libertà rispetto al millenario testo di riferimento - come è giusto che sia quando la parola scritta si trasforma in immagine, la materia cartacea in celluloide - dedicandosi soprattutto alla coralità della vicenda, con il grande demerito, però, di non essere riuscito a dare corpo al personaggio di Ettore, interpretato da un Eric Bana ("Hulk") un pò troppo monocorde.
A dire il vero, è l'intero sistema di personaggi a soffrire di una sostanziale carenza di analiticità e viene alla lunga completamente oscurato dalla magnificenza di Achille, un character, quest'ultimo, al contrario perfettamente compiuto e ben sorretto dall'interpretazione di Brad Pitt. Si riscontrano alcuni dialoghi efficaci, disseminati soprattutto nella seconda porzione di film (che si lascia preferire a quella iniziale), ma anche troppe battute cinematograficamente logore, che coinvolgono sia gli accesi e frequenti scontri verbali, sia - soprattutto - le iniziali, fastidiose, effusioni amorose fra Paride ed Elena. Incostanti anche le musiche, buone nel finale ma troppo insistite nell'utilizzo della consueta e qui monotona voce liricheggiante, ormai un must per questa tipologia di film.

Valide, invece, le coreografie che supportano gli innumerevoli duelli, così come valido (anche se tecnicamente imperfetto) è il taglio registico fornito agli stessi da Petersen, specie quando si tratta di mostrare la valenza tecnica di Achille negli scontri fisici ravvicinati. In tale ottica, particolarmente apprezzabile da un punto di vista prettamente visivo il primo di questi, allorchè lo stesso Achille è chiamato a battersi con il corpulento guerriero rappresentante di quell'esercito tessalico che Agamennone intende piegare al proprio volere.

Neanche a dirlo, è il luccicante Achille il fulcro di questo film, e Brad Pitt ne è l'adeguato manifesto vivente. La riuscita del personaggio, unitamente al look quantomai accattivante dell'attore, coincidono con la parziale riuscita del film stesso, che memorabile non è ma che se non altro non lesina quel genere di intrattenimento che il pubblico si attende da pellicole di questo stampo. Anche se Ridley Scott è tutt'altra cosa...

Si dica che ho vissuto nell'era di Ettore, domatore di cavalli... si dica che ho vissuto nell'era di Achille!

Fabrizio Formenti - CineFile
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