00 21/04/2007 15:44
Buon pomeriggio,
riallacciandomi a quanto scritto da Laura Ciolli, concedetemi di aggiungere una breve riflessione: la pellicola di Costanzo spande nelle sue pause riflessive un certo malessere individuale – ho certe difficoltà comunque, a definirlo “dell’io” – che a meno di terremoti interpretativi sembrerebbe trarre spunto da Kant e dalla sua “Critica della ragion pratica”; la Ciolli si chiede “cosa è la libertà”, ma la domanda andrebbe a mio avviso superata dal seguente quesito: il protagonista soccombe al cospetto della legge morale per via di un accorgimento interiore o per una desolazione cognitiva che lo porta ad affidarsi alla maestosità del dubbio rispetto alla pochezza della certezza?