00 05/12/2005 17:03
Ora a Borges non fregava niente di risolvere questi paradossi. Russell ci si accaniva, Jorge Luis no.
Lui li considera indizi da usare, fatti di cui discutere. Ed i paradossi lo spingono a dubitare della realtà del tempo e a convincersi dell’eternità.
Per Borges il tempo è “un tremulo ed esigente problema, forse il più importante della metafisica”. Dice anche “che esso scorra dal passato verso il futuro è la credenza illogica quanto la credenza contraria…e ugualmente impossibile da verificare”; e che non lo si può sincronizzare perché “se il tempo è un processo mentale, come possono condividerlo migliaia di uomini, o anche due soli uomini diversi?”.

Qui mi fermo e rifletto.
Questo senso di infinito fa sì che si possa concepire l’eternità?
Quella freccia potrebbe essere per sempre perduta?

O, più semplicemente, quella freccia è sempre lì da essere scoccata. Un ritorno eterno.