00 20/12/2005 18:29
Credo che ogni opera narrativa debba portarti alla consapevolezza. Non soltanto una scoperta ma, quando abbiamo la fortuna di leggere uno scrittore vero, una ri-scoperta. Ed è qui il “rapimento” o lo stupore.
E’ in questo modo che si fissano i personaggi, quando ti guidano verso ciò che scopri o riscopri, l’entusiasmo di trovare in quel personaggio parti di ciò che ricerchi. E anche parti di ciò che rifiuti.
Che in qualche modo riconosci come buono o cattivo di te. Già.
Un personaggio che ha permesso di “scoprirmi” è l’Adalgisa. E’ un’opera che consiglio al mio caro Sergio come omaggio alla Milano borghese e perché ne denuncia la sua “verve” decadente, quella più esposta alla critiche di noi suddisti! L’Adalgisa ricorda, in quest’opera omonima del grande Carlo Emilio Gadda, il marito defunto (“il povero Carlo”) e, così facendo, traccia uno spaccato della società milanese dei primi novecento in chiave comica e satirica.
Una stravaganza che attinge anche al dialetto milanese per colorarlo di “località” (che bella parola vero? ne voglio i diritti…)
L’Adalgisa, che donna!