Vi posto un'intervista a riguardo...
Quanto volte sentiamo un musicista parlare della sua arte così brillantemente?!?!
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Che cosa l'ha spinta a tornare al formato canzone dopo tutto questo tempo?
Venticinque anni fa la tecnologia portò nuovi modi di fare musica, che mi sembravano più interessanti del limitarsi a scrivere canzoni. La musica è cambiata, il processo che porta alla scrittura delle canzoni, invece, è sempre lo stesso. La canzone viene ancora vista come espressione della personalità del cantante, per questo motivo la voce continua ad essere trattata con un'attitudine conservatrice. Se invece pensiamo alla chitarra elettrica, ci accorgiamo che il suo utilizzo si è evoluto enormemente. La voce rappresenta la "verità" espressa dalla canzone, ma per me questa idea è noiosa e superata. Per me la voce è come un personaggio in una rappresentazione teatrale, non rappresenta me stesso ma qualcuno che ho disegnato all'interno di un mondo di mia invenzione. Negli ultimi dieci anni la tecnologia ha permesso di cambiare registro e sesso alla voce, oppure di farla diventare un suono elettronico. È per questo che sono tornato ad utilizzarla.
La voce come strumento è più importante dei contenuti che veicola?
I testi tendono a rendere la canzone più piccola, sono come una gabbia, a meno che non siano brillanti, in quel caso riescono a potenziarla. Quando scrivo i testi non penso mai al messaggio, che è nella musica stessa. Inizialmente si cantano parole senza senso, per capire in che modo si vuole utilizzare la voce. A volte capita che a partire da una idea brillante, da una frase, si riesca a creare lo stato d'animo di una canzone. Ma nessuno parte dalle parole per comporre. Nel mio caso i testi arrivano sempre per ultimi.
Non esiste una versione "ufficiale" dei suoi testi, tanto che su alcuni siti web i suoi fan hanno raccolto le loro interpretazioni.
Questo mi piace molto, il moltiplicarsi delle interpretazioni. E' un fenomeno che riguarda ogni forma culturale, da sempre. L'effetto dell'arte è sempre più grande del manifesto prodotto da questo o quel movimento artistico. Come dice Arto Lindsay, l'arte resta l'unico luogo in cui è ancora possibile credere alla magia. Non ho mai messo i testi sui dischi perché non voglio dare loro troppa importanza. Il bello delle interpretazioni è che a volte sono più interessanti dell'originale.
Come è avvenuta la scelta del titolo?
Mi piace l'ambiguità: forse si parla di un giorno come tutti gli altri, oppure di un giorno particolare. Ho sempre considerato i titoli più importanti dei testi, sono come delle piccole finestre su quello che si vuole esprimere.
E la foto in copertina?
In realtà è stata quella foto, che ho scattato in una via di Pechino, a convincermi della scelta del titolo: sembra un set fotografico, con tutte le luci al posto giusto, invece è assolutamente spontanea. Ecco la duplice lettura che ritorna.
Ai tempi dei suoi primi dischi l'elettronica era per pochi, oggi è alla portata di tutti. Questo ha cambiato il suo approccio?
Il computer in campo musicale è stato introdotto per fare cose noiose, ad esempio sostituire il batterista. Io ho sempre cercato di scoprire, per ogni tecnologia, degli utilizzi non previsti dal creatore. Continua a sembrarmi un buon metodo.
(di A.Besselva Averame)