TRADUTTORE UNIVERSALE

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Askani
00mercoledì 15 febbraio 2006 15:58
MASTOR sta per Multilingual Automatic Speech-to-Speech Translator ed è un’applicazione della IBM che traduce simultaneamente da una lingua all’altra. Si può parlare italiano in un microfono a una conferenza e il sistema ripeterà i concetti in tempo reale ad alta voce in cinese o swahili.


La traduzione del Mastor si basa sull’analisi statistica del linguaggio: il traduttore automatico scompone la frase d’origine in un set di idee concettuali e ripropone gli stessi concetti nella lingua richiesta.


La versione corrente per ora può essere applicata solo a Windows XP e sarà disponibile per i consumatori entro un semestre.


L’idea di un traduttore simultaneo elettronico è stata pura fantascienza per quasi un secolo, poiché il primo riferimento della letteratura ad una macchina per la traduzione dei linguaggi risale al 1911 e si deve a Hugo Gernsback in Ralph 123c41. Il più celebre traduttore della storia della fantascienza è invece sicuramente il Traduttore Universale usato nell’episodio di Star Trek Metamorfosi, nel 1967.




La difficoltà maggiore del progetto sta nel problema della conprensione del linguaggio parlato da parte della macchina, ma se vogliamo considerare il fatto che durante la metà degli anni sessanta il software IBM di interpretariato necessitava di 84 secondi per tradurre un solo secondo di discorso, possiamo ammettere che un grande passo avanti è stato compiuto negli ultimi quarant’anni.
Doz3r
00mercoledì 15 febbraio 2006 22:51
se funziona come i traduttori per singola lingua che girano su internet è un casino... per avere una traduzione corretta devi parlare con le frasi del libro d'inglese delle elementari : "il gatto è sotto la sedia" "il libro è sul tavolo" perchè se fai una frase in un italiano un po' più discorsivo la traduzione è molto strana!

Prof V
00giovedì 16 febbraio 2006 01:04
... e si rischi l'ormai storico "il mare mangia il contadino..."
sergio.T
00lunedì 20 febbraio 2006 14:06
Le traduzioni?
Argomento banale.
Askani
00lunedì 20 febbraio 2006 14:13
[SM=x245525]
sergio.T
00lunedì 20 febbraio 2006 14:40
Askani non intendevo l'argomento portato da te.
Intendevo dire, esulando dal contesto specifico (linguaggio statistico e tecnico), che e' dal mito della Torre di Babele che se ne parla: del mito di ogni possibile lingua, linguaggio, scrittura, rapportati ad una unica valenza.

Askani
00lunedì 20 febbraio 2006 15:59
e quindi cosa ci sarebbe di banale?
Emanuele Brunetto
00lunedì 20 febbraio 2006 16:10
Penso che Sergio volesse indicare la notizia come banale in quanto fa parte della storia dell'uomo questo voler trovare un punto di incontro comune a tutte le lingue.
Nulla di nuovo quindi, tutto qui...
sergio.T
00lunedì 20 febbraio 2006 16:55
vedasi emanuele.
mi ha tolto le parole di bocca.


La ricerca del punto "d'unione" ha deprivato il linguaggio e la scrittura, di tutti quei significati che potevano ancora portare.
Sono diventati strumenti di sola comunicazione, quando prima invece, erano portatori di tradizioni e significati ciascuno piu' vicino al "dire" e al pronunciare, piuttosto di una mera codificazione.
Anche nella lingua vogliamo globalizzare.
Emanuele Brunetto
00martedì 21 febbraio 2006 17:02

Scritto da: sergio.T 20/02/2006 16.55
Anche nella lingua vogliamo globalizzare.



Oltretutto credo sia un processo inarrestabile...
sergio.T
00mercoledì 22 febbraio 2006 09:48
assolutamente irriversibile, su questo siamo d'accordo.
E' la fine, e come tutte le cose finali, prima o poi doveva arrivare.
E' una legge naturale, in un certo senso.
t.r.e.
00mercoledì 22 febbraio 2006 10:57
la globabilizzazione linguistica è avviata da un pezzo. certo è che se tra cinquant'anni sarà la cina a dominare il mondo allora si dovrà (i nostri figli), imparare il cinese.
la diffusione di una lingua è innanzi tutto dovuta alla potenza economico-politica.
Emanuele Brunetto
00mercoledì 22 febbraio 2006 13:13

Scritto da: t.r.e. 22/02/2006 10.57
se tra cinquant'anni sarà la cina a dominare il mondo allora si dovrà (i nostri figli), imparare il cinese.



Vieterò ai miei figli anche di mangiare gli involtini primavera e il pollo in agrodolce.





[SM=x245519]
sergio.T
00mercoledì 22 febbraio 2006 14:58
se la globalizzazione e' quella che descrivi ( economica) c'e' solo , allora, da sperare in una cosa: che sia terminata il piu' presto possibile e che tutto finisca a puttane, come giustamente deve essere.
Una globalizzazione economica, linguistica, culturale, significa solo un appiattimento senza precedenti.
Annullare ogni tratto distintivo, ogni sana differenza, e' gia' di per se', un abbruttimento verso il basso, il "giu'"; se poi questo avviene solo in nome delle banche e dei soldi - in questo caso- non si puo' piu' nemmeno sperare.
Anzi, bisogna sperare che avvenga il piu' veloce possibile: cosi' termina l'agonia del mondo moderno.
Amen
sergio.T
00mercoledì 22 febbraio 2006 15:51
mi piacerebbe che le parole non avessero nessun significato.
ActiasLuna
00mercoledì 22 febbraio 2006 22:42
Sai che spasso, tentare di spiegarsi solo per fonemi...
/c/ ... /b/ ... /c/ ... /d/ ...
Jakobson ne sarebbe felice!
[SM=g27964]
t.r.e.
00giovedì 23 febbraio 2006 02:30
a morte jakobson!
[SM=g27964]
sergio.T
00giovedì 23 febbraio 2006 11:13
non e' questione di spiegazioni, sarebbe semplice definire il linguaggio in questo modo.
appunto.

il linguaggio e' solo strumento oggi, pero', solo da oggi.

prima non lo era.
ActiasLuna
00giovedì 23 febbraio 2006 20:19
Questo è un off topic molto off
Eddai, T.r.e.! [SM=g27963] Jakobson è molto più interessante di Saussure e poi è già morto, poveretto. Che Dio lo abbia in gloria. [SM=g27964]
La scuola di Praga, in fondo, ha detto una cosa importante. Di per sé le parole non avrebbero senso se non ci fossero dei referenti che gliene attribuiscono uno e, allora, a che cosa servirebbe il linguaggio se non a conoscere le cose?
Da che mondo è mondo, e qui mi rivolgo a Sergio, dare un nome alle cose significa conoscerle. C'è, però, una condizione: la conoscenza va mediata tra le persone, altrimenti sarebbe una conoscenza sterile. Ergo, il linguaggio serve – anche – a comunicare tali significati e diffonderli e questo vale tanto per i testi scritti (che hanno valore di testimoni), quanto per le conversazioni orali (che si basano sull’estemporaneità). Provare a deprivare il linguaggio del suo aspetto strumentale di trasmissione e decodifica di messaggi mi pare alquanto controproducente: significherebbe negare la socialità del dialogo verbale. [SM=g27960]
Emanuele Brunetto
00domenica 26 febbraio 2006 11:54
Mi sono confuso... [SM=x245562]
Askani
00domenica 26 febbraio 2006 23:26
[SM=x245522]
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