Fahrenheit 9/11

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Prof V
00mercoledì 1 settembre 2004 11:34
è d'uopo aprire una discussione circa il "discusso" e "premiato" documentario di Michael Moore. a voi la parola. più tardi dirò la mia.
Emanuele Brunetto
00mercoledì 1 settembre 2004 12:29
Non mi è piaciuto piu di tanto.
indifference
00mercoledì 1 settembre 2004 12:39
***
l'unica cosa che mi viene da dire dopo averlo visto è : interessante.

nella prima parte del documentario Moore (non ho idea di come si scriva!) mi sembra che abbia cercato di dare fondatezza alle tante voci che si sono rincorse in questi anni ..che vogliono l'elezione di Bush fatta da brogli elettorali...decisa da interessi nazionali economici e non politici...fatta di corruzione , favoritismo e occultazioni. scadendo, a volte, nel banale.

un altro discorso va fatto per la seconda parte del documentario. qui Moor , senza accantonare mai il discorso politico (gli arruolati sono in netta prevalenza ragazzi di paesi e città "dimenticate" dalla politica , i marines propongono arruolamenti come se fosse un lavoro comune , pubblicità ingannevoli fatte al televisore ...ecc..) , fa un discorso meramente umano ..cercando di tralasciare le critiche politiche e soffermarsi su valori "universali" (come l'amore per un figlio , come la morte delle persone , le distruzioni di interi villaggi , la disperazione dei soldati che riskiano la loro vita senza sapere il perchè...) ...sul quale non è possibile avere pareri contrastanti e sul quale forse dovremmo concentrarsi di più tralasciando ogni altro valore...politico o economico che sia!



[Modificato da Prof V 01/09/2004 12.45]

Yashal
00mercoledì 1 settembre 2004 12:43
sono stata invitata ad andarlo a vedere... ma non ho ancora dato una risposta, non m'ispira moltissimo...

vediamo se qualcuno di voi riesce a farmi cambiare idea...
(direi che fino ad ora [SM=g27969] [SM=g27969] [SM=g27969] )
Emanuele Brunetto
00mercoledì 1 settembre 2004 12:47
Vacci Yashal, ma non aspettarti che aggiunga niente di nuovo... ripete cose che sono di dominio pubblico già dal 12 settembre 2001, ma ci aggiunge qua e la qualche nome in modo da rendere tutto piu "personalizzato". E' un film propagandistico, bisogna saperlo.
Yashal
00mercoledì 1 settembre 2004 12:55
va bene dai... mal che vada mi farò un pisolino [SM=g27961]
Emanuele Brunetto
00mercoledì 1 settembre 2004 15:22
zzzz zzzzzzz zzzzzzz
Prof V
00mercoledì 1 settembre 2004 18:32
Senza dubbio è un lavoro (devo usare il termine film o documentario?) che va certamente visto. Ci sono momenti intensi e altri incredibilmente lenti e fastidiosamente facinorosi.

Per il resto, non aggiunge nulla a quanto è stato detto o scritto negli ultimi anni.

ps: da qualche parte ho letto che molte delle notizie e informazioni proposte da Moore sono state prontamente smentite.
t.r.e.
00mercoledì 1 settembre 2004 19:18
il primo commento sul film lo si deve fare in relazione al precedente Bowling a Colombine. 9/11 rispetto al precdente è nettamente più agile e coinvolgente(a parer mio)ed ha quel pizzico d'umorismo che è parte fondamentale del documentario.
certo le tematiche erano differenti ma, l'ironia se fatta bene sa ricoprire un ruolo decisivo.
parlando specificatamente di Fehreneit, non credo sia un film da palma d'oro, anzi non lo è assolutamente.
il documentario è fatto come nessuno nel globo sarebbe in grado di realizzarlo ma non convince a tratti nell'essere un pò, diciamo così, forzato. (stesso limite di Colombine).
da vedere e da confrontare con un'opinione GIA FORMATA
t.r.e.
00mercoledì 1 settembre 2004 19:20
a proposito, un volontario ke scrive una recensione?
io mi defilo..vigliaccamente
Emanuele Brunetto
00mercoledì 1 settembre 2004 19:23
Io la penso esattamente al contrario, per me Bowling a Columbine è nettamente piu rapido nell'incedere, e manca appunto di quella ironia che ho trovato anche fastidiosa in 9/11, accostata ad argomenti in cui centra ben poco.
ilbandito
00giovedì 2 settembre 2004 14:50
sono d'accordo con Vittorio
Bowling for Columbine era molto più brillante, meno "patetico"(la parte con la madre del marine morto sfiora il melodramma), e come molti hanno sottolineato dice cose già risapute.
X Manuele: è vero che è nettamente propagandistico, questo non vuol dire che dica falsità, anzi..
Emanuele Brunetto
00giovedì 2 settembre 2004 19:56
Ripete per metà film quello che la gente sa già da anni (vero o falso che sia), e per un'altra metà fa vedere i pianti di una madre che piange suo figlio caduto in Iraq... mi sembra tutto molto ma molto squallido... con queste modalità tutti quanti ci riusciamo a fare un documentario d'accusa, basta che impariamo ad usare la cinepresa...
indifference
00giovedì 2 settembre 2004 20:52
***
almeno ha cercato di fare chiarezza sulle tante voci (che come giustamente dici , vere o false , già sapevamo) .
Emanuele Brunetto
00giovedì 2 settembre 2004 21:15
Nessuna chiarezza, sempre e cmq di voci e indiscrezioni si sta parlando.
ciumeru
00mercoledì 8 settembre 2004 23:54
il film è utile
questa ennesima prova di Moore è a tratti davvero noiosa e pesante.....quasi quanto le trasmissioni radiofoniche del periodo fascista in un'Italia che poco sapeva e mano ne voleva sapere.
Detto questo.....il film è utile!
le critiche sono già piovute e continueranno a piovere, ma io resto della mia opinione.
Come dice il buon manueli questo è un' opra squisitamente di propaganda...per lo più di un livello infimo.
inoltre la qualità dell'opera in sè è di una pochezza insostenibile in alcune sue caratteristiche.
Bowling for Columbine è gia un antico ricordo.
E i premi a Cannes ormai li danno a chi la fa più contovento.
Ma questo è nel normale ciclo delle cose...l'altrenativo e il fuori dal coro pagnao di questi tempi...c'è chi se ne duole e chi non si è mai accorto che il coro cantasse così bene.
addio miei amici e mi rammarico del topic dedicato ad van helsing.
K.Kieslowsky
00giovedì 9 settembre 2004 11:22
Moore è un ottimo documentarista(per i lavori precedenti a questo)..il film però è banalotto, semplifica un pò troppo la realtà(troppo facile fare discorsi del tipo io buono,tu cattivo, oppure fare vedere bambini che giocano gioiosi a Bagdhad prima della guerra, manco si trovassero a Disneyworld).
La palma d' oro non vorrei che mi diventasse come l' oscar, ovvero tutto fuorchè un premio al valore.
Emanuele Brunetto
00giovedì 9 settembre 2004 12:37
Questa banalità viene troppo spesso spacciata per verità assoluta... e la gente gli crede...
Prof V
00giovedì 9 settembre 2004 19:49
annotazioni
a - odiosa l'aurea del "ti deve piacere per forza"
b - incredibile la differenza tra la critica di partenza (positiva) e quella di crociera (negativa).
c - il presidente della giuria era Tarantino.
indifference
00giovedì 9 settembre 2004 22:00
***

Scritto da: Emanuele Brunetto 02/09/2004 21.15
Nessuna chiarezza, sempre e cmq di voci e indiscrezioni si sta parlando.



beh ...io non sapevo perchè si ipotizzasse un broglio elettorale ...non sapevo quali rapporti economici legassero Bush con le imprese petrolifere ...e queste che intrecci avessero con la famiglia bin laden ...non sapevo nemmeno i rapporti di parentela che legassero bush con i direttori di importanti canali televisivi ...non sapevo quali fossero i precedenti del fantoccio messo a capo del afghanistan (non ricordo bene il nome ..quindi evito di scriverlo!) ...insomma non sapevo tante cose se non le solite voci riportate dai nostri TG...senza alcun tipo di spiegazione !

...forse seguiamo TG diversi ... (se poi tu mi dici che nonostante tutto ..non ci siano le prove per affermare certe accuse...allora ti do ragione..ma non puoi dire che il documentario non provi a fare chiarezza!)
Emanuele Brunetto
00giovedì 9 settembre 2004 23:41
Nicola meglio che taci, ci fai piu bella figura. Se non sapevi già tutte quelle cose, è praticamente da 3 anni che parli a vanvera senza cognizione di causa, basando le tu idee praticamente sul nulla. Ma poi mi spieghi chi cazzo è che ha appurato la veridicità di quello che dice quel fantoccio servo dei potenti di Moore? Il punto è che quelli come te (quelli "contro a tutti i costi") vogliono crederle queste cose, tutto qui. Con questo non sto dicendo che non sono cose vere, forse non tutto però. Se tutto quello che si vede in un film è per forza vero, allora buttati giù dall'armadio, perchè Peter Pan è riuscito a volare facendolo.
Prof V
00venerdì 10 settembre 2004 02:41
Uno stupido film bianco - di Robert Jensen
Vi consiglio di leggere attentamente la critica del Professor Jensen tratta dal sito:Z-Net.it.





Fahrenheit 9-11 è uno stupido film bianco
Gli sbagli di Micheal Moore sull'impero

Robert Jensen





Ho difeso "Fahrenheit 9/11" di Michael Moore dalle critiche dei circoli istituzionali e conservatori secondo cui il film è propaganda di sinistra. Ciò non potrebbe essere più lontano dalla verità; c'è molta poca critica di sinistra nel film. In realtà, è difficile trovare nel film un qualsivoglia tipo di critica coerente.

La triste realtà è che "Fahrenheit 9/11" è un brutto film, ma non per la ragione per cui viene attaccato dalla cultura dominante. In certi momenti è un film razzista. E l'analisi che sorregge i principali argomenti politici del film è sia pericolosamente incompleta, sia virtualmente incoerente.


Ma, ben più importante, è un film conservatore che finisce con l'approvare una delle menzogne cruciali degli Stati Uniti, il che dovrebbe scaldare il cuore a quelle persone di destra che condannano Moore. E il vero problema è che molta gente di sinistra, liberale o progressista, sta tessendo le lodi del film, il che dovrebbe dirci qualcosa sulla natura impoverita della sinistra in questo paese.

Dico tutto questo non per aggrapparmi a piccolezze o per insistere su difetti minori. Queste non sono piccole cose o piccoli disaccordi, ma questioni fondamentali che riguardano l'analisi e la coerenza. Ma prima di argomentare in proposito, voglio parlare di ciò che il film fa bene.

Le cose buone

Per prima cosa, Moore mette in luce la privazione del diritto di voto avvenuta soprattutto a danno degli elettori neri in Florida nelle elezioni 2000, uno scandalo politico che i notiziari dei media istituzionali statunitensi hanno ampiamente ignorato. La sequenza in cui, in una sessione congiunta del Congresso, alcuni membri del Congressual Black Caucus (organo congressuale dei neri negli USA - N.d.T.) non riescono ad ottenere che un senatore firmi la loro petizione (una richiesta procedurale) per autorizzare un dibattito pubblico sulla questione, è un potente atto d'accusa non solo verso i Repubblicani che hanno perpetrato la frode, ma anche verso la leadership democratica che ha rifiutato di opporsi.

Moore fornisce anche una critica tagliente delle pratiche di reclutazione militare statunitense, con alcune sequenze sorprendenti in cui cacciatori di reclute rastrellano cinicamente le zone a basso reddito in cerca delle prede, sproporzionatamente non bianche. Il film effettivamente demolisce anche l'uso fatto dall'amministrazione Bush, dopo l'11 settembre, della tattica della paura per portare l'opinione pubblica ad accettare la sua politica di guerra.

"Fahrenheit 9/11" fa anche un buon lavoro nel mostrare gli effetti della guerra sui soldati statunitensi: vediamo soldati morti e mutilati, e vediamo come l'attuale logica di guerra deformi molti di loro anche dal punto di vista psicologico. E il film dedica attenzione alle vittime della guerra statunitense, mostrando gli iracheni sia prima dell'invasione, sia dopo, e li mostra come esseri umani, non come oggetti da strumentalizzare per i propri scopi.

Il problema è che questi elementi positivi non si sommano per dar luogo ad un buon film. E' un peccato che il talento e la predisposizione scenica di Moore non siano messe a servizio di un'analisi chiara e fondata, potenzialmente efficace per qualcosa che vada oltre la sconfitta di George W. Bush [alle elezioni] 2004.

Sottile razzismo

Come posso descrivere razzista un film che mette il luce la privazione del diritto di voto degli elettori neri, e che denuncia il modo in cui viene data la caccia ai giovani appartenenti alle minoranze a basso reddito per reclutarli nell'esercito? La mia affermazione non è che Moore sia apertamente razzista, ma che il film inconsciamente replica un razzismo più sottile, del tipo che tutti dovremmo combattere per resistere.

Per prima cosa, c'è una sequenza in cui viene invocato il peggior tipo di detestabile sciovinismo americano, in cui Moore mette in ridicolo la "coalizione dei volonterosi" dell'amministrazione Bush, cioè le nazioni schierate per appoggiare l'invasione dell'Iraq. A parte l'Inghilterra, non c'è stato un sostegno militare significativo da parte di altre nazioni, e dunque non una vera coalizione, cosa che Moore ha ragione di far notare. Ma quando elenca i paesi della cosiddetta coalizione, usa immagini che hanno sfumature razziste. Per descrivere la Repubblica di Palau (una piccola isola del Pacifico), Moore sceglie un immagine stereotipata di una danza indigena, mentre la Costa Rica è rappresentata da un uomo su un carro trainato da animali. Sullo schermo appaiono immagini di scimmie che saltellano durante un discussione su una presunta offerta del Marocco di mandare scimmie a ripulire le mine terrestri. Per mettere in ridicolo la propaganda di Bush su questo argomento, Moore usa queste immagini e un esagerata voce fuori campo, ed essenzialmente il suo messaggio è: "Che razza di coalizione è, con dei paesi tanto arretrati?". Moore potrebbe argomentare che non era questa la sua intenzione, ma non è solo questione di intenzione; siamo tutti responsabili di come incappiamo in questo tipo di stereotipi.

Più sottile ed importante è il riferimento di Moore ad un razzismo in cui si prospetta una solidarietà tra gruppi dominanti bianchi e non, in patria, attraverso la demonizzazione del "nemico" straniero, che di questi tempi ha un volto arabo e sud asiatico. Per esempio, nella sequenza sull'infiltrazione di gruppi pacifisti da parte di tutori dell'ordine, la videocamera passa quasi esclusivamente sui volti bianchi (ho notato un uomo asiatico nella scena) del gruppo pacifista Fresno, e chiede come si possa immaginare che tra questa gente vi siano dei terroristi. Non c'è considerazione del fatto che gruppi Arabi o Musulmani che si dedicano ugualmente al pacifismo sono normalmente perseguitati e devono costantemente dimostrare di non essere terroristi, proprio perché non bianchi.

L'altro esempio di repressione politica che viene offerto da "Fahrenheit 9/11" è la storia di Barry Reingold, che è stato ispezionato da agenti dell'FBI dopo aver fatto delle osservazioni critiche su Bush e sulla guerra, mentre si allenava in una palestra in Oakland. Reingold, un telefonista bianco in pensione, non è stato arrestato ne accusato di nessun crimine. Gli agenti l'hanno interrogato e poi l'hanno rilasciato. Questo è il simbolo della repressione? In un paese dove centinaia di arabi, sud asiatici e musulmani sono stati scaraventati in detenzione segreta dopo l'11 Settembre, questo è l'esempio che Moore sceglie di mettere in evidenza? Il solo riferimento nel film a quegli arresti del dopo 11 Settembre è un'intervista ad un ex agente dell'FBI a proposito di alcuni sauditi a cui era stato permesso di lasciare gli Stati Uniti subito dopo l'11 Settembre, e sembra che Moore faccia menzione di questi arresti solo per evidenziare il contrasto con il trattamento privilegiato presumibilmente riservato ai cittadini sauditi.

Quando ho fatto questa osservazione ad un amico, lui ha difeso Moore dicendo che l'intenzione era quella di raggiungere un pubblico ampio, che probabilmente è in gran parte bianco, e che probabilmente voleva usare esempi che questa gente potesse aver presenti. Dunque, è accettabile assecondare un'audience bianca e drammatizzare esageratamente i suoi rischi limitati, ignorando i danni realmente gravi perpetrati sui non bianchi? Un regista di talento non avrebbe potuto raccontare storie di gravi persecuzioni, in modo che anche non arabi, non sud asiatici, non musulmani, potessero provare empatia?

Una brutta analisi

"Fahrenheit 9/11" è grande nel modo in cui suscita emozioni, e nel sollevare domande sul perché gli Stati Uniti abbiano invaso l'Afghanistan e l'Iraq dopo l'11 settembre, ma è estremamente debole nel rispondere a queste domande in un modo anche solo marginalmente coerente. Nella misura in cui il film ha una tesi, questa sembra essere che la guerra è un prodotto delle politiche personali della corrotta dinastia dei Bush. Concordo con l fatto che la dinastia dei Bush sia corrotta, ma l'analisi che il film offre è sia internamente inconsistente, sia estremamente limitata nella comprensione storica, e quindi, poco logica.

L'amministrazione Bush è piena di ideologi fanatici? è vero. Le sue azioni dall'11 Settembre a oggi sono state incoscienti e hanno messo a rischio il mondo intero? è vero. E nel perseguire queste politiche, ha arricchito i suoi grassi amici? è vero.

Ma è un serio errore credere che queste guerre possano essere spiegate focalizzandosi così esclusivamente sull'amministrazione Bush e ignorare il chiaro andamento generale della politica estera e delle politica militare statunitensi. In breve, queste guerre non sono una svolta netta rispetto al passato, ma piuttosto dovrebbero essere viste come un'intensificazione di politiche in atto da tempo, influenzate dalla confluenza dell'ideologia di questa particolare amministrazione e dalle opportunità createsi con gli eventi dell'11 Settembre.

Vediamo in primo luogo come Moore ci parla dell'invasione USA dell'Afghanistan. Vi è un filmato in cui l'ex funzionario anti terrorismo Richard Clarke si lamenta del fatto che la risposta dell'Amministrazione Bush all'11 Settembre in Afghanistan è stata "lenta e di piccola entità", insinuando che avremmo dovuto attaccare più repentinamente e con un maggior impiego di mezzi. Il film non fa nulla per mettere in dubbio questa valutazione, lasciando intendere agli spettatori che Moore concorda. Si ritiene forse giustificata una campagna di bombardamenti che ha ucciso almeno tanti afgani innocenti quanti americani l'11 Settembre? Si ritiene forse appropriata una risposta militare, e che avrebbe dovuto solo essere stata più intensa, in modo da garantire ancora più vittime civili? Si pensa forse che una strategia militare, che molti esperti ritengono aver ostacolato l'applicazione di leggi anti-terrorismo più routinarie ed efficaci, sia stata una mossa intelligente?

Moore suggerisce anche che la vera motivazione dell'amministrazione Bush nell'attaccare l'Afghanistan sia stata quella di assicurarsi il percorso per un gasdotto dal bacino del Caspio al mare. E' vero che la Unocal aveva cercato di realizzare tale gasdotto, e che ad un certo punto i funzionari talebani furono corteggiati dagli Stati Uniti quando sembrò che l'affare si potesse realizzare. Moore sottolinea che i funzionari talebani andarono in Texas nel 1997 quando Bush ne era il governatore. Evita di sottolineare che tutto questo è successo con l'amministrazione Clinton al tavolo dei negoziati. E' altamente improbabile che dei politici di professione vadano in guerra solo per un gasdotto, ma anche se ciò fosse plausibile, è chiaro che sia i Democratici che i Repubblicani sono stati coinvolti nello stesso modo in quei particolari progetti.

Il pezzo forte dell'analisi di Moore della politica statunitense in Medioriente è la relazione della famiglia Bush con i sauditi e con la famiglia di bin Laden. Il film sembra argomentare che interessi d'affari, principalmente attraverso il gruppo Carlyle, hanno portato l'amministrazione a favorire i sauditi al punto da ignorare la potenziale complicità saudita negli attacchi dell'11 Settembre. Dopo aver mostrato la natura di quei rapporti d'affari, Moore insinua che i Bush sono letteralmente degli impostori.

E' certamente vero che la famiglia Bush e i loro amici hanno relazioni con l'Arabia Saudita che hanno portato alcuni funzionari a chiudere un occhio sulle violazioni di diritti umani perpetrate dai sauditi, e sul sostegno che viene dato da molti sauditi a movimenti come al Qaida. Questo è vero per Bush, proprio come lo è stato per l'amministrazione Clinton e, in realtà, come lo è stato per tutti i presidenti dopo la seconda guerra mondiale. Fin da quando Roosvelt avviò dei negoziati con la Casa Saudita per offrire sostegno statunitense in cambio di collaborazione nell'ambito del traffico di petrolio e dei profitti petroliferi, l'amministrazione statunitense è stata in combutta con i sauditi. La relazione è in qualche modo tesa, ma continua, tra alti e bassi, ed entrambe le parti ottengono almeno qualcosa di ciò gli serve dall'altro. Concentrarsi sui rapporti d'affari della famiglia Bush trascura questa pezzo di storia e incoraggia gli spettatori a vedere il problema come specifico di Bush. Un'amministrazione Gore avrebbe trattato i sauditi in modo diverso dopo l'11 Settembre? Non c'è ragione di pensarlo, e Moore non fornisce prove o argomenti del perché avrebbe dovuto essere così.

Questa però è la sola parte nella storia della politica statunitense in medioriente in cui i sauditi rivestono un ruolo, e senza essere i soli. Gli Stati Uniti hanno fatto accordi con altri governi della regione che erano disposti ad appoggiare i propositi statunitensi di controllo di quelle risorse energetiche. I sauditi sono cruciali in questo sistema, ma non sono i soli. Egitto, Giordania e altri emirati del Golfo hanno giocato un ruolo, come l'Iran ai tempi dello Shah. E come fa, in modo cruciale, Israele. Ma non si fa menzione di Israele nel film. Sollevare la questione della politica statunitense in medioriente senza affrontare il ruolo di Israele come mandatario degli Stati Uniti, è, come minimo, un'omissione significativa. Non è chiaro se Moore appoggi realmente i crimini di Israele, e il relativo sostegno statunitense, o se semplicemente non afferri la questione.

E che dire dell'analisi dell'Iraq? Moore ha ragione nel far notare che l'appoggio statunitense per l'Iraq negli anni '80, quando la guerra di Saddam Hussein in Iran era considerata favorevolmente dai politici statunitensi, è stato un punto cruciale della politica di Reagan e di Bush I fino alla Guerra del Golfo. E ha ragione nel far notare che l'invasione e l'occupazione di Bush II hanno causato grosse sofferenze in Iraq. Ciò che manca sono gli otto anni intercorsi in cui l'amministrazione Clinton ha fatto uso dell'embargo economico più duro della storia moderna, e di bombardamenti regolari per devastare ulteriormente un paese già devastato. Evita di far notare che Clinton ha ucciso più iracheni con quella politica, di quanti ne abbiano uccisi entrambi i presidenti Bush. Evita di menzionare l'attacco di Clinton all'Iraq nel 1998 con missili cruise, che è stato illegale quanto l'invasione del 2003.

Non è difficile argomentare che gran parte del resto del mondo capisce il senso delle politiche statunitensi in Iraq e in Medioriente: dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti hanno costituito una potenza dominante in medioriente, tramite la costruzione di un sistema che, minando alla base un qualsiasi tipo di nazionalismo pan-arabo, cerca di mantenere gli stati arabi deboli e controllabili (e di conseguenza non democratici), e che usa gli alleati come piattaforme e come surrogati del potere statunitense (come Israele e come l'Iran ai tempi dello Shah). Lo scopo è il controllo (non la proprietà, ma il controllo) delle risorse energetiche strategicamente cruciali della regione, e dei profitti che ne derivano, che in in un mondo industriale basato sul petrolio, è una fonte incredibile di potere nel condizionare avversari come l'Unione Europea, il Giappone e la Cina.

L'invasione dell'Iraq, per quanto pianificata ed eseguita con incompetenza dall'amministrazione Bush, è consistente con questa politica. Questa è la spiegazione più plausibile per la guerra (d'ora in poi non serve più riflettere sull'ormai dimenticata razionalizzazione delle armi di distruzione di massa e sulla presunta minaccia rappresentata dall'Iraq per gli Stati Uniti). La guerra è stata un azzardo da parte della gang di Bush. Molti nell'establishment della politica estera, inclusi dei fidati di Bush I come Brent Scowcroft, si sono dichiarati pubblicamente contrari ai piani di guerra, che ritenevano avventati. Se l'azzardo di Bush, in puri termini di potere, darà i suoi frutti oppure no, è ancora da vedere.

Quando il film affronta tale questione direttamente, che analisi offre Moore delle motivazioni per guerra in Iraq? Un familiare di un militare morto chiede "per che cosa?", e Moore sposta la telecamera su dei soggetti che esemplificano la speculazione di guerra. Questa sequenza evidenzia in modo molto appropriato la natura di avvoltoi delle imprese che hanno beneficiato della guerra. Ma Moore vuole davvero farci credere che è stata intrapresa una guerra tanto imponente perché la Halliburton e altre aziende potessero incrementare i loro profitti per qualche anno? E' vero, la speculazione di guerra c'è, ma non è la ragione per cui le nazioni vanno in guerra. Questo tipo di analisi distorta aiuta a tenere l'attenzione dello spettatore incentrata sull'amministrazione Bush, rilevando gli stretti legami tra queste aziende e i funzionari di Bush, anziché sul modo abituale in cui le aziende americane fanno profitti in nome del Dipartimento della Difesa, indipendentemente da chi si trovi alla Casa Bianca.

La sintesi di tutto ciò si ha nel momento in cui Lila Lipscomb, la madre di un ragazzo ucciso in guerra, va in visita alla Casa Bianca nell'emozionante scena finale e dice che ora sa a chi indirizzare tutto il suo dolore e la sua rabbia. Questo è il messaggio del film: è tutta colpa dell'amministrazione Bush. Se è così, la conclusione ovvia è mandare via Bush dalla Casa Bianca, così che le cose possano tornare... a cosa? Tornerò sulle questioni di strategia politica alla fine, ma per ora è importante capire come questo tentativo di rappresentare Bush come qualcuno che ha perseguito delle politiche radicalmente diverse è una pessima analisi e porta a fraintendere la minaccia che gli Stati Uniti costituiscono per il mondo. Certo, Moore assesta anche un paio di colpi ai Democratici al Congresso per non aver fermato la folle corsa alla guerra in Iraq, ma l'attenzione è sempre sui particolari crimini di George W. Bush e della sua gang.

Un film conservatore

L'affermazione secondo cui "Fahrenheit 9/11" è un film conservatore potrebbe suonare in qualche modo ridicola. Ma il film approva una delle bugie cruciali che gli Americani si raccontano, cioè che l'esercito statunitense combatte per la nostra libertà. Questa rappresentazione dell'esercito come forza difensiva nasconde la dura realtà secondo cui l'esercito è usato per proiettare il potere statunitense in tutto in mondo e per assicurargli il dominio, non per difendere la libertà di chicchessia, in patria o all'estero.

Invece di affrontare questa favola, Moore la usa nel finale del film. Sottolinea, accuratamente, l'ironia del fatto che chi beneficia in minima parte del sistema statunitense - i poveri cronici e chi appartiene alle minoranze - è la stessa gente che si arruola nell'esercito. "Si offrono di dare la loro vita per la nostra libertà" dice Moore, e tutto ciò che chiedono in cambio è di non essere messi in pericolo a meno che non sia necessario. Dopo la guerra in Iraq, si domanda, "avranno ancora fiducia in noi?".

E' indubbiamente vero che molti che si arruolano nell'esercito credono che andranno a combattere per la libertà. Ma dobbiamo distinguere tra la mitologia che molti interiorizzano e a cui possono credere sinceramente, dalla realtà del ruolo dell'esercito statunitense. Il film include alcuni commenti di soldati che mettono in dubbio questa stessa affermazione, ma la narrazione di Moore implica che in qualche modo una gloriosa tradizione di impegno profuso dall'esercito statunitense nel proteggere la libertà, è stata ora infangata dalla guerra in Iraq.

Il problema non è solo che la guerra in Iraq è stata fondamentalmente illegale ed immorale. L'intero corrotto progetto di costruzione di un impero è stato illegale ed immorale - ed è stato un progetto tanto dei Democratici che dei Repubblicani. I milioni di morti in tutto il mondo - in America Latina, in Africa, nel Medio Oriente, nel sud est asiatico - come conseguenza delle azioni dell'esercito statunitense e delle guerre per delega, non si curano di quale partito statunitense stava muovendo le pedine e premendo il grilletto quando sono stati ammazzati. E' vero che gran parte del mondo odia Bush. E' anche vero che gran parte del mondo odia tutti i presidenti statunitensi dopo la seconda guerra mondiale. E per buone ragioni.

Una cosa è esprimere solidarietà per la gente obbligata dalle condizioni economiche ad arruolarsi. Un'altra è assecondare le bugie che questo paese dice a se stesso sull'esercito. A dire il vero, non si tratta di irriverenza nei confronti di chi si arruola. Si tratta del nostro obbligo di cercare di prevenire guerre future in cui la gente sia mandata a morire non per la libertà, ma per il potere e per il profitto. E' difficile capire come possiamo farlo ripetendo le bugie della gente che pianifica queste guerre e ne trae beneficio.

Strategia politica

La difesa più comune che ho sentito dai liberali e dai progressisti a questo tipo di critiche a "Fahrenheit 9/11" è che, qualunque siano i suoi difetti, il film sprona la gente all'azione politica. Una riposta è ovvia: non c'è ragione per cui un film non possa spronare all'azione politica pur contenendo analisi intelligenti e difendibili e senza essere sottilmente razzista.

Ma a parte questo, non è completamente chiaro se l'azione politica che questo film sprona vada molto al di là del votare contro Bush. Sul sito di Moore, il link "cosa posso fare?" suggerisce quattro azioni, tutte e quattro che mirano a capovolgere l'esito del voto. Queste risorse sul voto sono ben organizzate e utili. Ma non ci sono link ad organizzazioni di base che sono contro non solo il regime di Bush, ma anche contro l'impero americano più in generale.

Concordo con il fatto che Bush dovrebbe essere cacciato dalla Casa Bianca, e se vivessi in uno stato strategico per l'esito del voto, considererei l'idea di votare democratico. Ma non credo che abbia senso a meno non nasca negli Stati Uniti un significativo movimento contro l'impero. In altre parole, anche se sconfiggiamo Bush e torniamo alla "normalità", siamo ancora nei guai. Normalità è la costruzione di un impero. Normalità è la dominazione statunitense, economica e militare, e la sofferenza che i popoli deboli in tutto il mondo patiranno di conseguenza. Questo non significa che gli elettori non possano giudicare un particolare uomo politico dedito alla costruzione di un impero più pericoloso di un altro. Non significa che qualche volta non dobbiamo fare delle scelte strategiche che ci portino a votare per qualcuno contro qualcun'altro. Significa semplicemente che dovremmo fare tali scelte con gli occhi aperti e senza illusioni. Questo appare particolarmente importante quando il probabile candidato presidenziale Democratico cerca di essere ancora più falco di Bush nell'appoggiare Israele, si impegna a continuare l'occupazione dell'Iraq, e non dice nulla sul rovesciare l'andamento generale della politica estera.

Ad avere questa impressione, non sono il solo. Ironicamente, Barry Reingold - l'uomo dell'Oakland perquisito dall'FBI - è critico verso ciò che vede come messaggio principale del film. Come riportato dal San Francisco Chronicle, dice: "Penso che il proposito di Micheal Moore sia sbarazzarsi di Bush, ma io penso che si tratti di qualcosa di più di Bush. Penso che si tratti del sistema capitalista, che è iniquo." Ha continuato criticando Bush e Kerry: "Penso che siano entrambi pessimi. Io penso che in realtà Kerry è peggio perché dà l'illusione che farà molto di più. Bush non ha mai dato quell'illusione. La gente sa che è un amico dei grandi imprenditori."

Nulla di ciò che ho detto in questo articolo è un argomento contro il proposito di raggiungere un pubblico più ampio e di cercare di politicizzare più gente. Questo è proprio ciò che provo a fare con il mio lavoro che consiste nello scrivere e nell'organizzarmi localmente, come fanno un gran numero di altri attivisti. La questione non è se raggiungere un pubblico ampio, ma con che tipo di analisi e di argomenti. Il suscitare emozioni e l'umorismo hanno il loro posto; gli attivisti con cui lavoro li usano. La questione è, queste emozioni suscitate, dove portano la gente?

E' ovvio che "Fahrenheit 9/11" sfrutta molte paure e/o rabbie degli americani nei confronti di Bush e della sua banda di delinquenti. Questi sentimenti sono comprensibili, e li condivido. Ma i sentimenti non sono analisi, e l'analisi del film sfortunatamente non va molto oltre la sensazione che si esprime nel "è tutta colpa di Bush". Questo può piacere alla gente, ma è sbagliato. Ed è difficile immaginare come un movimento contro l'impero in grado di raggiungere degli obiettivi possa essere costruito sulla base dell'analisi di questo film, a meno che non la si contesti. Da qui la ragione di questo mio saggio.

Il potenziale valore del film di Moore sarebbe realizzato solo qualora il film venisse discusso e criticato onestamente. E' vero, il film è sotto attacco da parte della destra, per motivi molto diversi da quelli che ho sollevato. Ma quegli attacchi non dovrebbero fermare chi si considera di sinistra, progressista, liberale, contro la guerra, contro l'impero, o chi semplicemente ne ha le scatole piene, dal criticare i difetti e i limiti del film. Io credo che la mia critica del film sia accurata e rilevante. Altri possono essere in disaccordo. Il dibattito dovrebbe essere incentrato sulle tematiche sollevate, con un occhio verso la questione della costruzione di un movimento contro l'impero. Stringersi attorno al film potrebbe portare troppo facilmente a stringersi intorno ad una brutta analisi. Stringiamoci invece intorno alla battaglia per un mondo migliore, la battaglia per smantellare l'impero americano.


r.jensen
Emanuele Brunetto
00venerdì 10 settembre 2004 08:14
Ho avuto la pazienza di leggere tutta l'analisi di Jensen, e devo dire che l'ho trovata perfetta; focalizzerei l'attenzione soprattutto su questa frase:

"Fahrenheit 9/11" è grande nel modo in cui suscita emozioni, e nel sollevare domande sul perché gli Stati Uniti abbiano invaso l'Afghanistan e l'Iraq dopo l'11 settembre, ma è estremamente debole nel rispondere a queste domande in un modo anche solo marginalmente coerente.

Ecco, questa frase mi sembra la perfetta sintesi di quello che è questo film, di quanto (al contrario di quanto sostiene il fazioso ciumeru) sia un film perfettamente inutile.
ilbandito
00venerdì 10 settembre 2004 11:08
mi trovo..
perfettamente d'accordo con Manuele
stuzzy
00venerdì 10 settembre 2004 18:11
Fahrenheit
Io consiglio a yasha di andarlo a vedere...
Certo lento è lento...ma forse proprio perchè è + impostato come doc. ed è ovviamente propagandistico come lui stesso ha più volte affermato e non penso prorio che riuscirai a dormire con le belle immagini che ti propina...( corpi appesi carbonizzati e bastonati ecc...)anche se ormai siamo abituati a tutto ( o quasi..). Concordo che Bowling a Columbine è stato decisamente meglio, ma così noioso sinceramente non l'ho trovato, anzi c'erano immagini sulla guerra che difficilmente vediamo ( intervista ai soldati, visioni notturne inquietanti ecc...)che permettevano una visione un pò "diversa" dei soliti temi.
Per quel che riguarda le molte domande che il regista solleva sotto molti aspetti( senso della guerra, morte ecc..)rimangono "sospese", penso sia uno degli scopi di un film..
ognuno di noi in fondo riflette, valuta,"cerca" e alla fine si dà delle risposte....

Stuzzy
Yashal
00sabato 11 settembre 2004 02:32
Stuzzy, amico mio... tanto per cominciare ti sei dimenticato una piccola e miserabile "L" alla fine del mio nome [SM=g27970] (ahahah scherzo [SM=g27964] [SM=g27964] [SM=g27964] )

...grazie per aver dato la tua opinione! Hai contribuito alla mia decisione definitiva di vederlo. I film lenti, se sono interessanti come pare sia questo... non risultano affatto pesanti (e io mi vedo certi mattoni che a confronto...)
e poi dai... come si può documentare un argmomento come questo in maniera veloce e frizzantina? Non sarebbe corretto forse.

...cmq Dove/come/quando e con chi lo vedrò ovviamente rimane un mistero. L'occasione recente che ho avuto l'ho lasciata sfuggire (ma questo lo sai già [SM=g27960] ) Spero di fare in tempo prima che lo ritirino dalle sale [SM=g27969] [SM=g27969] [SM=g27969]

[Modificato da Yashal 11/09/2004 2.33]

indifference
00sabato 11 settembre 2004 21:27
***

Scritto da: Emanuele Brunetto 09/09/2004 23.41
Nicola meglio che taci, ci fai piu bella figura. Se non sapevi già tutte quelle cose, è praticamente da 3 anni che parli a vanvera senza cognizione di causa, basando le tu idee praticamente sul nulla. Ma poi mi spieghi chi cazzo è che ha appurato la veridicità di quello che dice quel fantoccio servo dei potenti di Moore? Il punto è che quelli come te (quelli "contro a tutti i costi") vogliono crederle queste cose, tutto qui. Con questo non sto dicendo che non sono cose vere, forse non tutto però. Se tutto quello che si vede in un film è per forza vero, allora buttati giù dall'armadio, perchè Peter Pan è riuscito a volare facendolo.



beh emanuele allora devo farti i miei complimenti ! sinceramente non credevo che tu sapessi l'organigramma delle imprese petrolifere americane ..ne tantomeno il ruolo che bush ha ricoperto in esse .
non credevo nemmeno che sapessi che i marines andassero nelle periferie per cercare ragazzi da arruolare ...(come se stessero chiedendo di partecipare ad un provino per il Grande Fratello)..
non sapevo nemmeno che conoscessi le pubblicità che vengono trasmesse nella tv americana...
non sapevo sapessi nel dettaglio i rapporti che legavano bush con la famiglia bin laden
non sapevo che eri così informato da sapere tutte queste cose ...e chi sa quante altre...per questo i miei complimenti!

sulla veridicità delle affermazioni fatte dal film non ho mai detto nulla ...anzi sono il primo a diffidare (o meglio a non credere) su qualsiasi cosa venga detta da televisioni , giornali ecc..
quando una persona dice "il film cerca di fare chiarezza su quanto detto " non equivale a dire "il film da le prove su quanto detto" ..e con questo non devo aggiungere nient'altro.

al contrario di altri cerco di farmi un'idea propria che non sia influenzata da nessun discorso fazioso di sinistra o di destra che sia ! basta leggere con più senso critico le cose che vengono scritte







Emanuele Brunetto
00sabato 11 settembre 2004 22:39
Nicola ho deciso di non parlare piu con te di politica, mi hai veramente fracassato le balle, parli veramente ma veramente senza cognizione di causa.

P.S. 1 - In ogni caso mica sapevo nomi, cognomi e peli del culo di tutti i protagonisti della faccenda, ma gli intrighi che ci stanno dietro si sanno da giorno 12 settembre 2001.
P.S. 2 - Tu sei fazioso semplicemente pensando, figuriamoci parlando o scrivendo...
indifference
00sabato 11 settembre 2004 22:47
***

Scritto da: Emanuele Brunetto 11/09/2004 22.39
Nicola ho deciso di non parlare piu con te di politica, mi hai veramente fracassato le balle, parli veramente ma veramente senza cognizione di causa.

P.S. 1 - In ogni caso mica sapevo nomi, cognomi e peli del culo di tutti i protagonisti della faccenda, ma gli intrighi che ci stanno dietro si sanno da giorno 12 settembre 2001.
P.S. 2 - Tu sei fazioso semplicemente pensando, figuriamoci parlando o scrivendo...



è evidente che non riusciamo a comprenderci!
io non ho mai parlato di politica in questi post ! [SM=g27971]
Emanuele Brunetto
00sabato 11 settembre 2004 22:47
L'uomo è un animale politico, in tutto quello che dice c'è politica.
In ogni caso mi hai fracassato le balle comunque.
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