Personalmente venero il film felliniano. Basti solo pensare che, partendo da un'analisi sociale della civiltà italiana del boom, del secondo dopoguerra borghese, ha finito con l'inventare in modo eclatante quel modo di concepire l'esistenza con spensieratezza, che poi si assestò nella psiche italiana per quasi un decennio (almeno fino allo scoppio delle contestazioni di operai e studenti nel '67-'68).
Il modus vivendi italiano è una cosa che tutti ci invidiano, non solo nei suoi luoghi comuni, ma soprattutto nel suo estrinsecarsi sbruffone, complice, simpatico: l'aperitivo al bar, il giro in vespa, il flirt con la straniera, la socialità gesticolante ed ironica, il varo di mode e di vocaboli (come "paparazzi") e, non ultima, quella sana mancanza di rispetto verso i monumenti (immortalata nella sequenza incantevole del bagno di Anitona nella Fontana di Trevi, ossia una delle scene più invidiate dai cineasti).
Distribuito in vari paesi, il film non ha subito modifiche al titolo: "La dolce vita" è una locuzione che tutti i popoli comprendono e capiscono, proprio grazie all'opera di Fellini, intuendone persino il retrogusto malinconico.
Enjoy.
Act.