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Morto a 94 anni Michelangelo Antonioni

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2007 13:52
31/07/2007 11:57
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Michelangelo Antonioni è morto ieri sera, verso le venti. Si è spento serenamente in casa, su una poltrona, con accanto la moglie Enrica Fico. Per una strana combinazione del destino, è mancato nello stesso giorno dell'altro grande Ingmar Bergman.
Secondo fonti della famiglia, domani in Campidoglio sarà allestita la camera ardente. I funerali dopodomani a Ferrara.

Era nato il 29 settembre del 1912 a Ferrara. Laureatosi a Bologna in economia e commercio, inizia a lavorare come critico cinematografico al Corriere padano e a Cinema prima di trasferirsi a Roma dove frequenta il Centro sperimentale, collaborando anche con Rossellini.

Nella sua terra realizza il primo documentario, "Gente del Po", terminato nel '47. Dopo la guerra, lavora come sceneggiatore a "Caccia tragica", di Giuseppe De Santis (1946) e allo "Sceicco bianco" di Fellini (1952).
Il suo primo film, "Cronaca di un amore" (dopo altri due documentari) è del 1950 e già rivela alcune propensioni del futuro autore dell'"Avventura": uno spunto quasi giallo e l'interesse per i risvolti psicologici dei suoi personaggi borghesi. Seguono "I vinti" (1952) sulla crisi della gioventù europea, e "La signora senza camelia'" (1953) sull' ambiente del cinema.

"Le amiche" (1955) e "Il grido" (1956) precedono quello che molti considerano ancora oggi il suo capolavoro e l'inizio di una ideale trilogia: "L' avventura" (1959), accolto a Cannes da pareri discordanti (anche se per molti è la rivelazione di un autore raffinato e poetico che avrà sempre più consensi nella critica che fra il grande pubblico) a causa di uno stile severo e rigoroso, troppo a lungo scambiato per lento o noioso.

All'"Avventura" fanno seguito "La notte" (1960) e "L'eclisse" (1962) che, fra l'altro, rinsaldano il legame, personale e professionale, con Monica Vitti, interprete principale di tutti e tre i film. "Deserto rosso", del 1964, sempre con Monica Vitti, segna il suo passaggio al colore. Un film anche questo oggetto di numerose critiche, che però è valso ad Antonioni il primo Leone d'Oro al Festival di Venezia (il secondo, alla carriera, gli è arrivato nel 1983).

Con i film successivi Antonioni allarga i suo orizzonte dalla borghesia italiana alla società internazionale: "Blow up" (1966) ambientato in Inghilterra, e vincitore della Palma d'oro al Festival di Cannes dell'anno seguente, e "Zabriskie Point" (1970) nell'America della contestazione giovanile e della musica rock (celebre la scena finale dell'esplosione con la musica dei Pink Floyd).

La Cina è invece al centro di un nuovo documentario ("Chung Kuo:Cina," 1972) prima di spostarsi a Barcellona e in Africa per "Professione reporter" con Maria Schneider e Jack Nicholson (1975). Antonioni è anche attratto dalla sperimentazione e realizza su supporto magnetico "Il mistero di Oberwald" (1980) ancora con la Vitti. L' attenzione agli altri media lo porta, subito dopo, anche a realizzare un videoclip per Gianna Nannini ("Fotoromanza").

Torna al cinema nell' 82 con "Identificazione di una donna" con Tomas Milian, sdoganato così dal personaggio del Monnezza, e poi, dopo un lungo silenzio dovuto alla malattia, con "Al di là delle nuvole" (1995), a quattro mani con Wim Wenders e l'ultimo "Eros", per cui realizza l'episodio "Il filo pericoloso dele cose" (gli altri due episodi sono diretti da Steven Soderbergh e Wong Kar Wai). Il 1995 è anche l'anno in cui l'Academy di Hollywood gli riconosce l'Oscar alla Carriera.
31/07/2007 12:00
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Veltroni, scompare uno dei piu' grandi registi

"Con Antonioni scompare non solo uno dei più grandi registi viventi, ma anche un maestro della modernità del cinema", afferma il sindaco di Roma Walter Veltroni. "Grazie a lui - aggiunge - il linguaggio del grande schermo ha raggiunto negli anni '60 la complessita' e l'originalità del romanzo del '900, ma se i suoi personaggi sono diventati famosi per la loro capacita' di impersonare le problematiche più sfuggenti e diffuse del mondo contemporaneo, come l'incomunicabilità e l'angoscia dell'esistenza, ancora più inconfondibile è l'occhio dell'inquadratura di Antonioni che dà forme sconosciute e sorprendenti a corpi, volti, paesaggi naturali e strutture tecnologiche".

Per il sindaco "Con Antonioni il cinema perde un autore senza il quale non sarebbe stato lo stesso, ma anche le arti figurative e la narrativa più penetrante restano prive di una voce inimitabile. Come dopo Matisse e Proust, e dopo appena un giorno dalla scomparsa di Bergman, grazie al cinema di Antonioni anche la realtà acquista un significato diverso, guardare il volto di una donna, il design di una macchina o una nuvola dopo aver visto i suoi film non è più la stessa cosa. In questo momento di grande dolore - conclude Veltroni - stringiamo forte la moglie Enrica in un grande abbraccio che unisce Roma e l'intero Paese".
31/07/2007 15:25
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Che si fermi questa maledetta emorragia...
01/08/2007 09:05
Omaggio a un altro Grande che ci ha lasciati: 94 anni sono molti, mai abbastanza, però, per un vero Maestro.
Piccola nota da telespettatrice: per una sera la TV ha abbandonato il consueto livello da sbaraccamento balneare, ma non dovrebbe essere necessario il decesso di un grande regista per considerare il pubblico capace di intendere ed apprezzare qualcosa di meglio delle solite "paccate sul muso"!
Sarebbe un modo di rendere omaggio davvero a tanti grandi registi ed artisti, viventi e non viventi.
02/08/2007 13:52
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Pochi film come "Blow Up" mi hanno colpito così tanto. E mentre parliamo di cinema italiano, di Tarantino, del valore effettivo dell'espressione registica odierna, il ricordo di Antonioni porta il pensiero verso l'Italia e certo suo cinema che non c'è più
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