Il fatto è avvenuto nel carcere minorile di Bicocca: il diciassettenne A. S. avrebbe partecipato con altri coetanei a una spedizione punitiva nei confronti di un altro detenuto, figlio di un poliziotto
MILANO, 9 maggio 2007 - L’ultimo provvedimento del tribunale del Riesame per minori di Catania, porta alla luce un nuovo inquietante episodio che riguarda il 17enne A. S. arrestato dopo gli scontri del 2 febbraio e poi accusato dell’omicidio dell’ispettore capo di Polizia, Filippo Raciti. Nel carcere minorile di Bicocca il giovane ultrà rossazzurro si è reso protagonista, insieme ad altri coetanei, di una spedizione punitiva nei confronti di un altro detenuto solo perché figlio di uno «sbirro», nella fattispecie della guardia di finanza.
PERICOLOSO Il giudice Emanuele Geraci (che è anche presidente del tribunale dei minori catanese) insieme col giudice a latere Emma Seminara si è riunito in collegio il 3 maggio e il 4 ha emesso il provvedimento di rigetto in appello, secondo l’art. 310 del codice di procedura penale, rispetto a una nuova istanza (la terza) di scarcerazione presentata dall’avvocato Giuseppe Lipera e già respinta dal gip Alessandra Chierego. Il Riesame, nel motivare l’esigenza cautelare preventiva, che dura ormai da tre mesi, ha sottolineato la particolare pericolosità del soggetto che all’interno del penitenziario minorile — sito alla periferia sud di Catania, vicino all’aeroporto — si è reso protagonista di atti di violenza, insieme ad altri minori, diretti a un coetaneo figlio di un componente delle forze dell’ordine. Sull’episodio c’è un rapporto disciplinare degli assistenti del carcere: non è escluso vengano configurati altri reati per A.S. che ha ammesso la partecipazione agli scontri del 2 febbraio negando sempre, però, di aver colpito mortalmente l’ispettore Raciti. Ora il difensore Lipera punta sulla Cassazione: «Auspico che la Corte Suprema fissi al più presto l’udienza sul ricorso per valutare gli indizi, o meno, di colpevolezza del ragazzo accusato di omicidio. Per quanto mi riguarda ritengo ingiusto, come riportato dal quotidiano il Riformista, che qualcuno della Questura di Catania osi definirmi "avvocato in malafede". Non è accettabile». Intorno al palazzo di giustizia di Catania non si sono spenti i clamori sull’inchiesta che sta avendo ulteriori sviluppi.
ESTORSIONE Gli inquirenti della Procura che si occupano del fascicolo sugli incidenti di quel drammatico derby, ha iscritto nell’elenco degli indagati quattro capi ultrà della curva nord, accusati di estorsione nei confronti della società Calcio Catania. In merito il presidente Pulvirenti e l’a.d. Lo Monaco sono stati già sentiti e hanno dichiarato di non aver mai ricevuto minacce, ma in ballo ci sono 120 abbonamenti dati in omaggio dal club e poi risultati — dall’inchiesta svolta dalla Digos — rivenduti dagli stessi ultrà ad altre persone. Gli indizi finora emersi hanno portato a questa nuova, gravissima accusa.
ANCORA UN ARRESTO Nonostante il divieto di assistere a gare sportive (Daspo) domenica scorsa Giuseppe Siscaro, 33 anni, era in curva allo stadio di Empoli per tifare Catania. Ma agenti della Digos lo hanno riconosciuto e lunedì sera, al suo rientro in Sicilia, è stato arrestato dalla Polizia. Siscaro, originario di Enna, è tifoso rossazzurro appartenente al gruppo di ultrà denominato Associazione non riconosciuta. L’arresto è stato eseguito in flagranza di reato «differita», allungata a 48 ore dalla nuova legge Amato.
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