Cambiano le maggioranze e i governi, ma la questione morale in Italia non è mai all'ordine del giorno. La rivoluzione sognata da Ennio Flaiano, l'unica vera rivoluzione necessaria in Italia, l'applicazione di una "legge uguale per tutti", rimane utopia. Avanza piuttosto la tentazione di un altro inciucio gattopardesco per salvare le vecchie oligarchie che comandano nel Paese.
Sono quattro le anomalie italiane che impediscono una vera democrazia: la mafia, l'opacità e l'illegalità del nostro capitalismo, il controllo dell'informazione e i conflitti d'interesse. Ed è proprio qui, guarda caso, che si formano larghe maggioranze bipartisan per conservare lo status quo.
La mafia, anzitutto. Dopo cinque anni di "convivenza" fra Stato e mafia occorreva un segnale di svolta. Ebbene, in Parlamento si discute dei criteri di formazione della commissione antimafia e un paio di deputati, uno di AN e l'altro del PCDI, pongono il problema: possono far parte della commissione parlamentari condannati per mafia? Uno s'immagina che la discussione duri qualche minuto, il tempo di farsi due risate e rispondere di no.
Macchè, si apre un dibattito, Rifondazione obietta che escludere gli indagati e condannati per mafia e non per altri reati creerebbe un'odiosa discriminazione. Una battuta che piacerebbe ai vecchi Monty Python. La prendono sul serio invece i DS e Forza Italia. Si va al voto e l'ammissione dei mafiosi nella commissione antimafia passa con maggioranza bulgara. Fra qualche giorno si varerà la commissione e sapremo chi era il rappresentante delle cosche destinato a entrare nel parlamentino che dovrebbe combatterle. Nel frattempo, complimenti alla sinistra radicale, per cui le questioni morali si pongono solo sulle missioni militari.
Secondo problema, la corruzione. Approfittando dell'indulto e della necessità di rendere più civili le nostre carceri, una vasta maggioranza ha votato un ignobile condono per onorevoli e industriali corrotti e corruttori. Il centrosinistra finge di dover cedere al ricatto della destra ma, spiagano i giuristi, c'erano molti modi per aggirare l'ostacolo. Si poteva modificare l'obsoleto obbligo di maggioranza dei due terzi per l'indulto. Oppure depenalizzare la Bossi-Fini che ha riempito le carceri di tossici e immigrati. La verità è che si voleva giungere all'ennesima salva-Previti, con l'aggiunta della salva-Fazio e salva-Ricucci.
Per ultimi, il monopolio dell'informazione e il conflitto d'interessi. L'Ulivo ha trascorso cinque anni, da 1996 al 2001, a raccontarci che non era il momento di fare leggi sul conflitto d'interessi e una riforma tv. Poi altri cinque, dal 2001 al 2006, a pentirsi di non averle approvate. Ora l'impressione è che passerà i prossimi cinque anni a pentirsi d'essersi pentito. Avevano già iniziato a dire che modificare la Gasparri è prematuro, finchè non è arrivato il richiamo dall'Europa.
Ma che tristezza, che noia, che delusione.