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SERIE A

Ultimo Aggiornamento: 29/06/2006 12:47
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La festa dell'orgoglio
di Max Licari
May 29, 2006, 02:17

A. Solo questa lettera, la prima dell’alfabeto, ci ripaga di vent’anni di sofferenze, umiliazioni, battaglie, incavolature, pianti e pochi sorrisi. Ma adesso è soltanto il momento di gioire, di festeggiare, di metterci tutto alle spalle. Ce lo meritiamo. Ce lo meritiamo. Inutile parlare della partita; inutile parlare del ventitreesimo sigillo del Gabbiano, miglior cannoniere della storia del Catania; inutile parlare del pareggio di tal Nello Russo, panchinaro bergamasco che, per un momento, imitando con movenze feline il miglior Eto’o, ha gelato non solo lo stracolmo “Massimino” dei 24.000, ma anche tutta la Fratellanza Rossazzurra sparsa per il mondo; inutile parlare dell’uomo del destino, quell’Umberto Del Core che sembra avere un conto aperto contro l’Albinoleffe, quell’Umberto Del Core che, siglando una rete di rapina, ha regalato il Sogno a una città intera, inscrivendo a lettere dorate il proprio nome nella nostra Storia. Inutile. Solo la festa conta. Mentre scriviamo ancora per le strade, per le piazze, fra i cortili si "scatena l’inferno”, un inferno dolce, un inferno che trascolora subito nel più soave dei Giardini dell’Eden nei gesti, nelle urla, nella “santa follia” di un popolo che si riversa a fiumi per le vie esclusivamente per un unico Amore, il Catania.

E così, ripercorriamo con la mente questi ultimi cinque anni; anni di sofferenze, sì, anni di Giulianova e di Benevento, di Battipagliese e di Castel di Sangro, anni di guerre sanguinose con il Palazzaccio, ma anche anni di gioie quali la promozione in serie B targata Riccardo Gaucci, un tifoso vero; anni, soprattutto rischiarati dall’avvento di un nuovo Presidentissimo, dopo il compianto Angelo Massimino. Nino Pulvirenti ha vinto la sua battaglia. Ripercorriamo questi benedetti anni e ripensiamo a come venivamo presi per pazzi da legare quando predicavamo (è il verbo più giusto da utilizzare) l’amore esclusivo per una sola squadra, il Catania, squadra che meritava molto più spazio di quanto avesse (pochissimo) sui mezzi di informazione, perché ciò che conta non è la categoria di appartenenza (la terza o la Champions League), ma l’importanza intrinseca della città e, appunto, dell’amore che i suoi figli le portano (o le dovrebbero portare). Adesso, in questo momento, la follia festaiola coinvolge chiunque ed è giusto così. È la festa di tutti. Siamo contentissimi che in tanti abbiano riscoperto il Liotru Rossazzurro, siamo contentissimi che adesso, a differenza di poco tempo fa, ci siano tremila trasmissioni dedicate alla nostra squadra: è un clamoroso successo per il nostro movimento, quello del “solocatania”, un evidente sintomo di crescita per il nostro territorio che si riappropria delle proprie radici.

Siamo orgogliosissimi, però, di essere stati i primi, i primi predicatori nel deserto, i primi a comprendere. Questo momento lo attendevamo da troppo tempo ed è giusto che anche noi possiamo avere modo di mostrare orgogliosi i nostri galloni, noi che abbiamo sofferto, noi che ci siamo presi gli sberleffi dei “vincenti” in maglie a strisce di vario colore, concittadini che ci chiamavano “perdenti”, concittadini che ci apostrofavano con amenità tipo “a bellu Catania iai ...”. Oggi anche loro hanno avuto il loro momento di gloria, perché allo stadio sono venuti in massa. La speranza è che la “conversione” diventi duratura e passino dalla grande illusione di un calcio patinato e falso alla realtà di un giusto e sacrosanto trasporto verso un team pulito e, soprattutto, espressione della propria terra. Per questo dovremo ancora lottare, rimboccarci le maniche. Dopo cinque anni possiamo dire di essere solo agli inizi, ma la strada è segnata.

I ragazzini che oggi hanno affollato Piazza Duomo, Piazza Europa e tutte le strade del centro storico di Catania sono gli stessi che fino a qualche giorno fa magari esultavano per Ibrahimovic o Shevchenko. Il futuro si preannuncia roseo, roseo come quello della società capitanata dal presidente Pulvirenti che ha anticipato di un anno l’approdo in serie A, ponendo le basi per un ciclo di successi duraturo. In serie A Catania c’è e ha tutte le carte in regola per rimanerci e per, finalmente, cominciare a costruire un palmares importante. Dopo la festa, ci sarà da lavorare duro perché il difficile giunge proprio ora, ma possiamo stare tranquilli che il Presidentissimo, come ha già dichiarato, vuole andare oltre, creando, oltre a una struttura tecnica di prim’ordine, anche le strutture materiali necessarie a fare grande il calcio a Catania. Ci riferiamo al Centro Sportivo e al nuovo stadio, pensando comunque nell’immediato a come migliorare il “Massimino” giacché dovremo presentarci in un grande palcoscenico con il trucco rifatto. È importantissimo. Nelle ore susseguenti alla gara, in piena orgia, in piena ubriacatura, quando è scontato che si salga sul carro giusto, promesse importanti sono state proposte dall’Amministrazione, sindaco in testa, in trasmissioni televisive varie. Che si mantengano. Perché vigileremo, giorno dopo giorno. Saremo delle “zecche” ...

In un momento come questo (fra poco scenderemo in piazza anche noi ..., in piena notte!), non sarebbe giusto fare pagelle, classifiche di rendimento o affini. Meritano tutti 10 i nostri eroi, 10 per la stagione condotta quasi sempre in testa. Vorremmo, tuttavia, menzionarne sei per motivi particolari:

-Andrea Sottil, difensore arcigno, alla sua seconda promozione consecutiva dopo un’onorata carriera da massima serie; il centrale piemontese è entrato in campo di prepotenza, aggiungendo potenza, anticipo e grinta alla difesa etnea. Da quel momento non ce n’è stato più per nessuno ...

-Davide Baiocco, la “streghetta”, il nostro “Petrus”, mediano “a tamburo battente”, anima della squadra, grinta a tempesta, esperienza da vendere. La sua corsa ha caratterizzato l’intera stagione rossazzurra.

-Fabio Caserta, la nostra autentica Reggia, gioiellino della squadra, quantità e qualità, giudicato fra i migliori centrocampisti della categoria. Rivelazione solo per chi non lo conosceva.

-Peppe Mascara, caltagironese d.o.c., Topolinik forever, il vero fuoriclasse della squadra. Reti (14, record personale), assist, rientri in difesa, classe purissima. Fuori concorso per la categoria.

-Gionatha Spinesi, il Gabbiano, miglior cannoniere della storia etnea (23 segnature, record personale anche per lui). Un attaccante come la Torre di Pisa la nostra squadra non l’aveva mai avuto. Ragazzo serio, gran lavoratore, uomo di gruppo. Un valore aggiunto.

-Pasquale Marino, l’Elefante. Il miglior allenatore degli ultimi 30 anni a Catania. Meticoloso fino al parossismo, lavoratore instancabile, profeta del calcio arioso, offensivo, vero erede di Zeman. Quella rossazzurra, a detta di tutti gli addetti ai lavori, ha mostrato il più bel gioco della categoria. Merito suo, dei suoi schemi, della sua mentalità. È uno dei tecnici emergenti del calcio italiano. Merita la serie A. Merita la già sopravvenuta riconferma.

Le splendide coreografie delle curve (eccezionale quella della Nord), il calore dei tifosi allo stadio e dei milioni di fratelli rossazzurri sparsi per il mondo costituiscono il regalo più bello per questi splendidi ragazzi che ci hanno regalato il Sogno, ma, non dimentichiamolo, sono interamente dedicate alla maglia, ai colori, perché questi sono la cosa più importante per i tifosi, ciò che non cambia mai.

E sono dedicate anche a chi no c’è più, ai nostri fratelli di sangue Carmelo e Fabio, all’indimenticato Fabrizio, a tutti gli altri fratelli scomparsi durante la gloriosa storia della nostra casacca. Da lassù loro ci hanno guardato e hanno gioito con noi. Perché loro amavano una sola squadra. Come noi. La festa scorra potente anche per loro. Let’s go, Liotru, let’s go!!!



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