I tre romanzi hanno temi conduttori comuni, ossessivi come una musica dell'inconscio che martella dentro le pagine e nel cuore dei lettori, creando un rimando continuo e voluto di analogie : siamo di fronte a tre detective-stories che si possono unificare in una, come afferma Auster stesso, nelle pagine conclusive de La stanza chiusa - ultimo romanzo della trilogia, quando scrive : "tutta la storia si restringe al suo epilogo e se ora quell'epilogo non lo avessi dentro di me, non avrei potuto iniziare questo libro. Lo stesso vale per i due che lo precedono, Città di vetro e Fantasmi. In sostanza le tre storie sono una storia sola, ma ognuna rappresenta un mio diverso stadio della consapevolezza di essa".
Se all'inizio della lettura - quando ancora non eravamo entrati nel gioco sottile dei simbolismi austeriani - potevamo aver pensato che le tre storie fossero indipendenti, addentrandoci sempre più avvinti nell'enigma di queste pagine in cui le spie si specchiano negli spiati, proviamo l'emozione che solo un grande libro può suscitare in noi.
Auster ha la capacità di lasciare sempre una porta aperta sulle infinite possibilità di sciogliere il mistero.