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D.Lawrence

Ultimo Aggiornamento: 05/10/2006 21:05
18/12/2005 14:27
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L'amante di Lady...
allora che dire?
innanzituto che e' ul libro che si fa leggere molto bene. Un classico anomalo in un certo verso: scritto nel 1928 in un tipico condizionamento sociale Inglese, in realta' questo romanzo diventa europeo nel sensoo piu' letterale della parola.
Feroce critica, in parallello alla storia d'amore, della civilta' e societa' inglese, questo romanzo di Lawrence , diventa un forte stato d'accusa nei confronti e contro i mutamenti sociali dell'epoca.
L'industrializzazione imperante, l'abbandono delle terre, la civilizzazione di un sistema fondato sui valori dei soldi, sono i temi che mettono a fuoco la poverta' dell'uomo moderno.
La sua fine e' preannunciata da Lawrence: un'umanita' migliore rinascera' solo e solo dopo, la scomparsa definitiva di questo tipodi societa'.
Lo scrittore inglese gia' quasi un secolo fa, intravide la funesta strada incanalata dalla societa' moderna, e con un sottile gioco di travasi, la rende chiara non solo nelle considerazioni politiche sociali del libro, ma addirittura nella storia d'amore dei tre personaggi.
Lui, lei, l'amante.
Ognuno di essi, appartenente a un ceto sociale diverso, incarnano a meraviglia i valori sociali di tutta la cultura nascente in europa in quegli anni.
I personaggi, nella loro emotivita', vivono allo specchio di se stessi "la propria appartenenza" a certi valori, condizionati pero', dalla struttura sociale e dalla cultura ricca di pregiudizi di una societa' avviata a un tramonto, benche' mascherato di benessere.
18/12/2005 14:36
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Lui.
Il marito.
Classico esempio di uomo borghese-aristocratico dell'epoca.
Invalido, menomato fisicamente, impotente sessualmente, concepisce i valori esistenziali su piu' tavole:
il pessimismo e il rancore verso gli altri.
La sua menomazione fisica e' una condizione psicologica troppo forte per non essere sentita: l'ineguaglianza con gli altri sul piano fisico lo porta a determinare una concezione umana astratta, a volte spirituale, ma ricca di pregiudizi.
Dove, il suo handicap, si fa sentire, lui, il marito, compensa con le differenze sul piano culturale e sociale.
Attento osservatore delle distinzioni di classe, rivendica a se e a coloro del suo ceto, una superiorita' d'intelletto e una ricerca piu' profonda sia sul piano morale ed etico.
Il senso della vita e' dunque non tanto nella persona in se, ma nella vocazione di ognuno alla propria funzione, sociale.
Personaggio contradditorio,Lawrence, lo dipinge con maestria.
Il marito abbandona l'esistenza pura intesa come istintivita' al di sopra della ragione, per cercare un rifugio alla propria impotenza e diseguaglianza fisica.
Il mondo "fisico sessuale" e' visto dunque come degenarione a discapito sel sentimento.

Personaggio di difficile decifrazione.
Lo si comprende, ma lo si odia al tempo stesso.
18/12/2005 14:44
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Lei.
La moglie
Una Madame Bovary inglese: basterebbe questo per fotografarla.
Donna che vive ilsuo matrimonio tra mille pregiudizi, mille incomprensioni, mille difficolta'.
Confusa, persa alla ricerca della propria femminilita', non riconosce piu', per molto tempo il senso dell'essere donna.
Donna intesa in modo femminile, sensuale, erotico.
Non ama, perche' non amata: non ama perche' non sa cos'e' l'amore.
Lo cerca, lo confonde, lo travisa.
Si fa prendere da mille scrupoli, ma poi d'incanto trova la via conoscendo un uomo.
E' una nuova alba per lei, una nuova scoperta di se stessa, un ricongiungersi ai significati piu' profondi o gioiosi della vita.
Una donna che vuole "vivere" e volendo questo rideterminera' il suo carattere in modo piu' volitivo, sovvertendo in se' e nelle sue interpretazioni, vecchi luoghi comuni, vecchi pregiudizi morali e sociali.

Eppure non convince, non convince per niente.
Ha spunti interessanti, la si capisce, in un certo senso la si prende a cuore, ma qualcosa di lei continua a non piacere.
Almeno a me.
18/12/2005 17:46
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L'altro
L'amante

Il personaggio chiave del romanzo; una sorta di grande Romantico del mondo pagano.
Guardiacaccia di pofessione, solitario,lontano dalla modernita', Lawrence , dipinge questo personaggio come l'incarnazione di una concezione esistenziale naturalistica.
Istinto, carnalita', sesso, fisicita', corporeita', sono le tracce piu' evidenti e forti, del suo carattere.
Quasi un Dio Pan umano.
E' la gioia dei sensi, e' la felicita' del corpo.
Oliver e' la rappresentazione piu' assoluta di quello che comunemente si intende per terreno.
Il sesso e' il contatto piu' alto; quello piu' sincero perche' il piu' intimo aspetto dell'istinto e' proprio quello che si manifesta con il corpo.
Quest'uomo sara' per tutto il romanzo, il vero bastian contrario di tutte le concezioni etiche morali, religiose, ma soprattutto dei pregiudizi e delle paure ataviche che l'uomo ha di se' e delle proprie esigenze.
Al di sopra dell'opinione comune, pubblica; al di sopra dei pettegolezzi e delle maldicenze; al di sopra di una vita industriale che impoverisce e allontana sempre piu' l'uomo dalla sua natura, per trasformalo in macchina,- questo guardiacaccia- sara' il liberatore e l'annunciatore di verita' primordiali che l'uomo puo' solo rinnegare, ma non cancellare definitivamente.

Un personaggio chiave, anzi, il personaggio cardine di tutto il racconto.
Nonostante questo, anche in lui qualcosa non convince, anzi lo fa apparire in modo inquietatamente, ambiguo...
Sembra, che al di la' di tutto, che vi sia qualcosa di grossolano, di troppo volgare in questo tipo di carattere.
Non interiorizza, non risplende di luce propria attiva.
La carnalita' di Oliver e' limitata, castrata al sesso,solo al sesso e ai sensi.
L'istinto non e' solo questo, ma e' molto di piu' ancora.
Lawrence, sembra che non si accorga di questo: o forse fu una sua scelta precisa.
Non saprei dire, ma cosi' dipinto, questo paladino della fisicita', ci appare monco, storpio, un po' malmesso.
Gli manca qualcosa.
19/12/2005 09:48
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In Lawrence, manca il personaggio che si ricorda: quello che colpisce e rimane impresso nella memoria.
Manca il "riferimento", il simbolo, quello che segna una traccia.
Non ci sono personaggi indimenticabili.

Un esempio?
Diciamo un Matteo Falcone di un Merime'
19/12/2005 14:39
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Mancano i personaggi veri, quelli che rimangono veramente.
Se ci si riflette un po', film , libri , rimangono ancorati nella nostra memoria anche in virtu' di un personaggio e della sua personalita'.
Se vi e', diventa memorabile la storia, se non vi e', si dimentica tutto il giorno dopo.
Un po' come le saghe televisive.
Qualcuno lo ha gia' detto.


Ora: di quanto leggiamo cosa ci ricordiamo veramente?
La risposta e' semplice: niente, perche' persino un libro, oggi, e' oggetto di consumo.
19/12/2005 14:55
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Mancano i personaggi veri, quelli che rimangono veramente.
Se ci si riflette un po', film , libri , rimangono ancorati nella nostra memoria anche in virtu' di un personaggio e della sua personalita'.
Se vi e', diventa memorabile la storia, se non vi e', si dimentica tutto il giorno dopo.
Un po' come le saghe televisive.
Qualcuno lo ha gia' detto.


Ora: di quanto leggiamo cosa ci ricordiamo veramente?
La risposta e' semplice: niente, perche' persino un libro, oggi, e' oggetto di consumo.
19/12/2005 17:57
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Un personaggio "spicca" se e quando trovi un accostamento tra te e quel mondo.
Quasi riconoscessi in quel personaggio il carattere e l'andamento degli eventi, e li riconosci in funzione del realismo che emanano. Più li ritieni reali e più s'imprimono nella tua memoria.
Inizi ad associarli alle situazioni, alle relazioni che ti si presentano.
Ci sono personaggi (sancho panza, beatrice, ulisse!) che ti accompagnano perchè la loro caratterizzazione porta una parte intima che è difficile rappresentare per noi.
Quasi che il personaggio completasse il nostro carattere.

Quali personaggi ci sono rimasti impressi?
Sarebbe bello scoprire, mentre li elenchiamo, che la loro tempra è quella parte che a noi manca.

Proviamo?
19/12/2005 18:01
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sarebbe bello anche coinvolgere gli altri, ma il requisito unico è spietato: aver letto il libro...

19/12/2005 18:09
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No Prof, mi riferivo ai personaggi in generale e non soltanto a questo libro di Lawrence.
Anche Sergio, quando ha parlato di personaggi, penso che si riferisse a una generica valutazione di quelli rappresentati nel vasto mondo letterario.
A questo punto non si tratta de "il libro" ma di "un libro".
Quindi possiamo provare tutti visto che qui si legge.
(o no?)
19/12/2005 18:15
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uffa era un modo per tirarmene vergognosamente fuori [SM=x245517]
19/12/2005 18:53
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Infatti non mi riferivo al libro in questione, o almeno solo a quello.
Piu' libri, piu' emozioni, piu' personaggi....
19/12/2005 19:45
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Un personaggio che mi è rimasto impresso è Rita, raccontata in un libro della Christa Wolf, "Il cielo diviso".
Lei è il mio esatto contrario.
Mi sorprendo molte volte a pensare a ciò che ricordo di quella lettura (avvenuta circa un anno fa) e a ricordarne ogni particolare.
Ricordo soprattutto la sua arrendevolezza. Da questo ricordo esalto ciò che in me è assolutamente inesistente.
Ricordo Rita proprio per quello che in me manca.
19/12/2005 19:50
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Un personaggio con il quale mi identifico, invece, è la lupa di "Oltre il confine" di McCarthy.
E' un'identità mancante solo per alcuni tratti, per altri molto riconoscibile e di facile emulazione per me.
L'autonomia, la naturalità dell'andare sono contrapposte alla resa e all'accondiscendenza verso chi ti "trattiene".
Un personaggio abilmente creato da McCarthy al quale riconosco una capacità narrativa "selvaggia", rara dote negli scrittori moderni.
19/12/2005 21:13
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Ma Rita rimane Nel cielo diviso...
Lui ando' invece; si potrebbe pensare ad una arrendevoleza al contrario.
Comunque tu hai vissuto questa sensazione con Rita...
19/12/2005 21:21
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Lei restò ma prese quello che la scelta di altri le riservava.
Rita è quello che mai una donna deve fare, attendere...
19/12/2005 21:26
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Martin Eden, di J.London
Un personaggio assolutamente unico, come e' unico quel libro: un autentico capolavoro immortale.
Perche' il Martin Eden?
Perche' non ce n'e' piu' come lui.
La linearita' dell'uomo nel suo contesto.
La corsa, la frenesia, la ricerca esasperata del successo nella vita e nella scrittura; l'idealizzazione dei sentimenti e delle emozioni.
L'ambizione, una forte volonta'.
Ma poi l'autentica resa, l'autentica disillusione; l'onesto riconoscere che proprio tutto questo allontana l'uomo dal suo piu' profondo senso.
La fine, al di la' di ogni istinto.
Con molto coraggio

"Nel momento in cui lo seppe, cesso' di saperlo".
20/12/2005 09:32
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Rita rimase, rimase nella sua terra, nel suo paese.
Lui ando' in Occidente, si estranio' da tutta la sua tradizione...
Ambivalenza dell'interpretazione: sempre difficile decidere.
Si potrebbe dire ,infatti all'inverso, che lui capi' un nuovo mondo e una nuova liberta', mentre lei ne ebbe paura.
Ma ancora: quella scelta "libera" a cosa porto'....
Era una scelta autonoma d'individuo o una fuga dalla lotta?

All'infinito, si andrebbe avanti.

La cosa grave: la fine di un rapporto di una "storia" tra due persone in nome di un altra storia che di umano ha sempre poco.
Dove c'e' l'ideologia, la' manca l'uomo.
Sempre.

[Modificato da sergio.T 20/12/2005 9.33]

20/12/2005 18:14
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L'interpretazione è legata a ciò che ti manca e cerchi di scorgere nella vita del personaggio.
Oppure speri che ti entusiasmi una scelta che non hai mai intrapreso o che un'azione, nella storia, ti riporti ad un evento che mai si è verificato nella tua vita.
E' così che un personaggio ti "entra".
Rita rappresenta l'attesa, quella che si arrende alla volubilità dell'uomo che ama.
Un atteggiamento che non condivido ma che mi fa trattenere il personaggio perchè capace di farmi credere che sia questo alla base di un legame. Mi viene in mente Rita quando vivo certe scelte insomma, ma lungi da me l'essere come lei...

20/12/2005 18:29
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Credo che ogni opera narrativa debba portarti alla consapevolezza. Non soltanto una scoperta ma, quando abbiamo la fortuna di leggere uno scrittore vero, una ri-scoperta. Ed è qui il “rapimento” o lo stupore.
E’ in questo modo che si fissano i personaggi, quando ti guidano verso ciò che scopri o riscopri, l’entusiasmo di trovare in quel personaggio parti di ciò che ricerchi. E anche parti di ciò che rifiuti.
Che in qualche modo riconosci come buono o cattivo di te. Già.
Un personaggio che ha permesso di “scoprirmi” è l’Adalgisa. E’ un’opera che consiglio al mio caro Sergio come omaggio alla Milano borghese e perché ne denuncia la sua “verve” decadente, quella più esposta alla critiche di noi suddisti! L’Adalgisa ricorda, in quest’opera omonima del grande Carlo Emilio Gadda, il marito defunto (“il povero Carlo”) e, così facendo, traccia uno spaccato della società milanese dei primi novecento in chiave comica e satirica.
Una stravaganza che attinge anche al dialetto milanese per colorarlo di “località” (che bella parola vero? ne voglio i diritti…)
L’Adalgisa, che donna!
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