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John Cale - Black Acetate

Ultimo Aggiornamento: 19/11/2005 18:54
19/11/2005 13:59
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In attesa della recensione del buon Bresmes, vi riporto due recensioni, tra loro contrastanti: la prima è tratta dal mensile Rockstar, la seconda, invece, dal noto sito OndaRock.



Provaci ancora John

Vogliamo parlarne? Membro dei Velvet Underground, produttore di Patti Smith e Stooges, autore di alcuni fra i migliori dischi degli anni settanta, di colonne sonore, artista a tutto tondo. La vita di John Cale è da invidia immediata, sempre al posto giusto nel momento giusto. Il fatto che Black Acetate suoni nomrale e che scivoli via senza sussulti particolari è quasi fisiologico. E'un disco rock, addirittura classico, con qualche piccola variazione elettronica e senza guizzi che ce lo facciano amar4e come è spesso successo con i suoi album passati. L'operne "Outta The Bag", ruvida e tirata, illude l'ascoltatore, il resto conferma un momento di stanca. Sarà per la prossima volta John...

(Stefano Gilardino, Rockstar 2005)







2003 d.C.: per John Cale è l'era dell'"Hobosapiens" (Emi). Il penultimo album del cantautore era varietà, curiosità, particolare eccentrico elettro-acustico. Era l'Eno e il Bowie futuristici accordati con l'era dei loser neo-freak (Beck, Ween) e degli artisti pop-sofisticati (Brian Jonestown Massacre passati al vaglio Beta Band), o forse una forma canzone dettagliata, ritmata ma pure frastagliata, spiazzante, dei Talking Heads/Xtc e della schizofrenia dell'invenzione disinibita. Tutto è condensato in un programma cantautoriale elettronico e creativo, dalle molte varianti, elettroniche (synth-pop, dance-pop, a tratti un hip-hop malaticcio e imbastardito), ma pure compositive in senso lato, non così lontane dalle alchimie melodiche di Magnetic Fields. A due anni da quel piccolo grande evento, la mitica viola dei Velvet Underground (nonché produttore di successo e innegabile talent-scout) implementa un nuovo capitolo della sua già fruttuosa carriera solista. "Black Acetate", questo il titolo scelto per il nuovo lavoro su Emi, vira verso sonorità maggiormente canoniche. "GravelDrive" è il brano più "passatista" dell'opera (forse un ripensamento rispetto a "Fear" e "Music For A New Society"), una soave ninnananna dall'introduzione estatica di synth, arpeggio sereno e il Waits delle mitiche ballad a fare capolino dal registro vocale. L'amico Brian Ferry sembra invece svettare dal canto fiero e suadente di "ForARide", con chitarre imbevute di flanger che danno luogo a una coda distorta di sinfonismo rock. "InAFlood" è un brano roots con banjo e synth, e "Satisfied" distende un'oasi d'archi e xilofono a sostenere un chorus che entra in risonanza con l'orchestrazione. Il brano di apertura ("OuttaTheBag"), invece, vira verso tinte glam secondo un falsetto Stevie Wonder, un basso electro-gommoso d'ispirazione acid-jazz e leggere intromissioni del campionatore. In "Hush" l'atmosfera si fa all'inizio quasi industrial-dance, ma è poi attenuata da un sing-along di soul vocale di buona fattura. "Brotherman" azzarda sperimentalismo con associazioni electro (nella base ritmica, pure ispessita tramite sporadici accordi di chitarra), un canto uno e trino (declamato, falsetto e cupo lo-fi) e operazioni di discreto cut-up sull'armonia generale. La terza dimensione dell'album (ri)scopre un Cale rocker genuino e impavido, soprattutto nella terna "Perfect"-"Sold-Motel"-"Woman". C'è, in questi brani, un'attenzione particolare al riff southern misto al conio Pixies-Replacements, oltre che ad associazioni tra base electro Beck-iana con le chitarre melodiche ma infuocate dei Seam, brevi jam centrali e linee vocali immediate. E' qui, più che altrove, che il grande autore si concede una libertà electro-rock che scaccia i fantasmi della vecchiaia, proprio come fa la sua viola quando introduce magnificamente il chorus della fantasmagorica "Wasteland", o nel crescendo di arrangiamenti surreali nella coda dell'inno metafisico di "Mailman (TheLyingSong)" che chiude il disco.John Cale ha una teoria, o perlomeno dei presupposti teorici. Scrivere canzoni con strumenti elementari senza metterli in mostra, o tradire necessariamente ingenuità, inseguire il mai perduto istinto trasversale, divertirsi e divertire con genuino disimpegno. Ci riesce spesso, a graffiare la forma canzone con disinvoltura; quando non ci riesce, è solo buona maniera. Di rado s'impantana, ma ben venga! Trio completato da Mickey Petralia (Beck, Rage Against The Machine, Dandy Warhols, Eels) e Herb Graham Jr (Macy Gray). Primo singolo estratto: "Perfect".(Michele Saran, OndaRock)








19/11/2005 14:46
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attendo che rikreed lo recensisca e me lo passi.. [SM=g27961]
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Sicuramente hobosapiens era più sperimentale e originale nell'utilizio di una elettronica-rock che si avvaleva di vaire collaborazione non ultima quella di un certo Eno.
Black Acetate,ritorna su suoni più familiari e meno ricercati, qualche pezzo è davvero carismatico, e richiama a un sound rock che risveglia la nostalgia degli anni 70 come Perfect, atri brani, comunque in minoranza, lasciano un po' perplessi
19/11/2005 18:54
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Secondo me è un album banale e noioso che poco aggiunge alla carriera di Cale. Poteva evitarselo/celo.
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