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"Bambola": un film, un perché.

Ultimo Aggiornamento: 19/05/2005 01:19
05/05/2005 00:16
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Bambola (1996)

Regia: Bigas Luna
Sceneggiatura: Cesare Frugoni, Bigas Luna
Dal soggetto originale: "Per uccidere Mina" di Cesare Frugoni
Musica: Lucio Dalla
Durata: 100'


PERSONAGGI E INTEPRETI
Bambola: Valeria Marini
Flavio: Stefano Dionisi
Furio: Jorge Perugorria
Settimio: Manuel Bandera
Ugo: Antonino Iuorio
Mamma Gret: Anita Ekberg

-------------------------
Anche le vecchiette popolarono le sale cinematografiche italiane, per seguire il debutto su grande schermo in un ruolo da protagonista della bionda Valeria Marini, ma ne uscirono disgustate, sputazzando l'adesivo della dentiera... Cosa andò storto in questo film? La Marini depennò dall'agenda il nome del regista spagnolo, che in cambio la adorava e rigettò il prodotto finale, sentendosi tradita in fase di post-produzione rispetto al progetto originario. Ora, sapendo che il taglio finale del film è quello che è, viene spontaneo chiedersi: come doveva essere il progetto per cui la Marini aveva recitato con così grande entusiasmo ed abnegazione? E, soprattutto, la domanda che il mio migliore amico Lou Ratzo ed io ci chiediamo sempre: perché tutti hanno come animale domestico un affettuoso cane, un vivace uccellino, un tranquillo pesce rosso o addirittura una colorata iguana, mentre Bambola ha una capretta?[SM=g27972]
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Saluti,
Act.
P.S.: Io e Bigas non siamo parenti! Giuro![SM=g27960]
05/05/2005 00:32
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ho visto un bel pò di volte il film, ma non riesco davvero a giudicarlo...
05/05/2005 14:10
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non l'ho mai visto
e per il solo fatto che ci sia la Marini come attrice conferma la mia idea chi mai lo vedrò.
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varie recensioni.....
A Comacchio, la sessantenne Greta gestisce con i figli (Mina, che tutti chiamano "Bambola", e Flavio, un omosessuale) una modesta trattoria. Acausa di un'esplosione di bombole di gas Greta muore. Aiutati da Ugo, un trentenne ricco innamo rato di Bambola, i due fratelli trasformano la vecchia trattoria in una pizzeria che attira molti clienti. Recatosi con Bambola nel vicino acqua-park, Ugo non sopporta le attenzioni del giovane Settimio alla sua ragazza e reagisce duramente ma, accidentalmente, muore. Settimio, ritenuto responsabile, viene rinchiuso in prigione. Su sua richiesta Bambola gli invia alcune sue foto: un altro detenuto, Furio, uomo iracondo e passionale, rimane colpito dalle foto che Bambola ha inviato a Settimio e, dopo una ironica e greve discussione, violenta il compagno di cella. Quando Bambola si reca al carcere per visitare Settimio, trova invece con sorpresa Furio che la ricatta, minacciando di infierire ulteriormente su Settimio e le chiede un "incontro riservato". Impaurita Bambola manda al carcere il fratello Flavio per sapere come sta Settimio che è ancora sotto shock: tra lui e Flavio si crea una particolare attrazione. Bambola, pur di evitare il peggio a Settimio, si reca nel carcere per incontrare Furio che la violenta. Nonostante il bestiale comportamento di Furio, Bambola torna da lui, mentre aumentano le attenzioni di Flavio per Settimio. Liberato dal carcere per buona condotta, Furio si reca da Bambola in pizzeria. Lei fugge: lui armato, la insegue, la raggiunge; i rapporti amorali di Furio con Bambola e la sua arroganza provocano la reazione di Flavio. Bambola per calmare Furio va a comperare delle anguille e sta preparandosi a cucinarle, ma Furio esplode in un ennesimo e bestiale "raptus". Al mattino seguente un cliente della pizzeria infastidisce Bambola: Furio reagisce e cacciati tutti, chiude il locale e rinchiude Bambola in una stanza. Flavio, accorso per liberare la sorella, è costretto a fuggire dinanzi allo scatenato Furio. Bambola, frattanto, riesce a liberarsi ed a fuggire: Furio la insegue, la raggiunge e sfoga ancora una volta i suoi istinti animaleschi sulla donna che prima subisce poi acconsente. Interviene Flavio armato di un fucile che uccide Furio. Poi, essendo nel frattempo giunto Settimio, Flavio con lui decide di formare una nuova "famiglia" mentre Bambola pensa di allontanarsi per provare nuove esperienze di vita.

http://it.movies.yahoo.com/5/8/34618.html
05/05/2005 14:16
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"Al di là del rispetto per la zingarata trash non si può, purtroppo, andare. Anche perché l'erotismo a mezzo servizio genera tristezza e fa persino sorgere il sospetto di un autogol moralistico: vuoi vedere che il sesso, al cinema, non può che risultare così vuoto, inoffensivo e goffo, poco afrodisiaco e mal fatto, da avvalorare il culmine kitsch del pigolìo marinaresco: "Tu vuoi solo scopare, io voglio fare l'amore?"". (Il Mattino, Valerio Caprara, 25/9/96)
"Volgarissimo fumetto erotico che nelle mani grezze del provocatorio Bigas Luna si trasforma in un irresistibile melodramma (involontariamente) comico, sia nei dialoghi sia nelle situazioni. Impossibile giudicare la statura artistica dell'imponente e seminuda Valeria Marini; quando non si strofina addosso le anguille sta sempre carponi". (Massimo Bertarelli, 'Il giornale', 6 febbraio 2001)
05/05/2005 15:30
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***
ke film skifoso !!!
05/05/2005 15:36
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inguardabile..
05/05/2005 15:40
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si però la Marini...[SM=g27962]
05/05/2005 22:59
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apologia
Detrattori del film, che vi rifiutate a priori di assistere ad un’eventuale proiezione, ecco la mia arringa. A mio parere, il filone del film voleva essere comico, ma vi ha rinunciato in fase di montaggio ed, infatti, il taglio nelle sequenze iniziali è veramente comico, a partire dall’incipit: “Mi chiamo Mina, ma tutti mi chiamano Bambola”. Mi sembra, ovverosia, che vi sia un mutamento di direzione troppo brusco tra l’incipit di sapore quasi western ed il termine, in cui la protagonista abbandona l’insopportabile status quo, per cambiare il suo destino.
L’obiettivo devia volontariamente verso il grottesco fin dalla presentazione iniziale della mamma della protagonista, l’ex-gloriosa Anitona, mentre con la mano destra impugna una mannaia e macella capretti per il suo squallido ristorante e contemporaneamente, con la sinistra, beve e fuma. Per puro hobby, poi, la madre di Bambola spara alle bottiglie poste in fila sul tavolaccio: diletti compagni, non vi sembra un chiaro paradigma delle capacità reticolari che tutte le mamme hanno di fare contemporaneamente più cose e di farle tutte bene? Ora, -io credo per esigenze di budget, probabilmente,- purtroppo, quello della gloriosa Anitona è solo un cameo, altrimenti, se sufficientemente sviluppato, avrebbe potuto condurre l’introspezione della protagonista ad una profondità maggiore. Non è forse sempre colpa delle genitrici, se le generate hanno problemi con la propria identità? Ergo, non sarà forse per questo motivo che la sensuale Mina ha un alter-ego che si chiama Bambola? E non sarà anche per questo che predilige la compagnia delle caprette, come una Heidi attualizzata e contestualizzata? Il messaggio è fassbinderiano: i guai di una persona nascono dalla famiglia e concedetemi l’apologia, sebbene la famiglia di Bambola non appartenga alla borghesia mitteleuropea dell’età del boom economico.
Dopo la morte della madre, al fine di elaborare il lutto, Bambola si fa accompagnare dal fratello, a realizzare uno dei sogni della sua vita, ossia una gita presso un acqua-parco di periferia. Dovreste vedere con quanta leggiadria la Marini precipita dall’acquascivolo con il suo microscopico bikini nero! Signori miei, questa è comicità, non quella dei Vanzina! E la lunga sequenza dell’inseguimento tra Bambola ed il suo amante assatanato? La Marini, con vera e compenetrata angoscia, monta sull’Apetta del fratello, accelerando a tutta birra, ma commette l’errore di guardare più indietro che avanti, per cui va a cappottarsi nella cunetta. Rispettabili sodali, non vi sembra questa comicità verace?
Purtroppo o per fortuna, il disastro che guasta il film di Bigas Luna all’occhio di critici e spettatori non è l’ossessione voyeuristica, che insiste sulle scene di mero sesso al solo fine di evidenziare il corpo burroso della Marini (più bombola che bambola), bensì la mancata introspezione dei motivi che spingono il personaggio principale a persistere nel suo comportamento ostinatamente sensuale e sottomesso nei confronti del vigorosissimo ex-detenuto Furio. Di fronte al cadavere dell’uomo dice: “Era un porco, ma io l’amavo”. Bambola prova dei sentimenti, solo che la regia non le permette di spiegarli. Bambola non è il tipico personaggio della filmografia soft-core, come la fredda Elizabeth di Nove settimane e mezzo o come la calcolatrice Catherine di Basic instinct, ma sembra che l’unica spinta all’azione sia, in realtà, una coazione. Bambola non può fare a meno di sottomettersi ad ogni genere di violenza, perché, in verità, lo desidera; Bigas Luna crede così di farsi portavoce della paura ancestrale (nonché desiderio recondito e perverso) di ogni donna: essere posseduta sessualmente, scindendo una volta per tutte il quid fisiologico da quello psicologico, liberando la ninfomania e l’essenza masochistica represse dalle convenzioni sociali e dai sensi di colpa intrinseci. Mentre le donnine di Tinto Brass guardano al sesso con allegria, la dicotomia del piacere femminile, secondo la visione del regista spagnolo, è tutta nell’accettazione del dolore: repulsione-attrazione. Il moto primario di fronte a tale messaggio è la ribellione, ma poi ci si rende conto anche grazie alla recitazione della Marini, che è vero: che, in fondo in fondo, è il corpo (e l’uso che del corpo si fa) a causare e scatenare nelle voglie del partner il senso del possesso, non certo la motivazione sentimentale. Il desiderio sessuale è proporzionale all’attrazione della fisicità.
Il piacere per il piacere, senza sentimenti e senza futuro, è un tema che merita un’approfondita disamina, gentili creature. Non lasciatevi scappare l’opportunità di pensare a proposito. Non lasciate chiusa una porta che potrebbe costituire un varco verso la comprensione di voi stessi e delle vostre leggi erotiche.
Affittate il film o, se possibile, gustatevelo su grande schermo. O, se l’avete già visto, rivedetelo con spirito critico. Non si tratta di ragionare sul nulla, come fanno i politici: guardate solo quante argomentazioni sono riuscita a tirare fuori io, nella mia sconfinata ignoranza di indegna studiosa di storia del caffè corretto...[SM=g27960]
Avv.ssa Luna[SM=g27961]
06/05/2005 00:47
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bho!!! un film che cmq nn rivedrò
11/05/2005 13:35
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Re: apologia

Scritto da: ActiasLuna 05/05/2005 22.59
Detrattori del film, che vi rifiutate a priori di assistere ad un’eventuale proiezione, ecco la mia arringa. A mio parere, il filone del film voleva essere comico, ma vi ha rinunciato in fase di montaggio ed, infatti, il taglio nelle sequenze iniziali è veramente comico, a partire dall’incipit: “Mi chiamo Mina, ma tutti mi chiamano Bambola”. Mi sembra, ovverosia, che vi sia un mutamento di direzione troppo brusco tra l’incipit di sapore quasi western ed il termine, in cui la protagonista abbandona l’insopportabile status quo, per cambiare il suo destino.
L’obiettivo devia volontariamente verso il grottesco fin dalla presentazione iniziale della mamma della protagonista, l’ex-gloriosa Anitona, mentre con la mano destra impugna una mannaia e macella capretti per il suo squallido ristorante e contemporaneamente, con la sinistra, beve e fuma. Per puro hobby, poi, la madre di Bambola spara alle bottiglie poste in fila sul tavolaccio: diletti compagni, non vi sembra un chiaro paradigma delle capacità reticolari che tutte le mamme hanno di fare contemporaneamente più cose e di farle tutte bene? Ora, -io credo per esigenze di budget, probabilmente,- purtroppo, quello della gloriosa Anitona è solo un cameo, altrimenti, se sufficientemente sviluppato, avrebbe potuto condurre l’introspezione della protagonista ad una profondità maggiore. Non è forse sempre colpa delle genitrici, se le generate hanno problemi con la propria identità? Ergo, non sarà forse per questo motivo che la sensuale Mina ha un alter-ego che si chiama Bambola? E non sarà anche per questo che predilige la compagnia delle caprette, come una Heidi attualizzata e contestualizzata? Il messaggio è fassbinderiano: i guai di una persona nascono dalla famiglia e concedetemi l’apologia, sebbene la famiglia di Bambola non appartenga alla borghesia mitteleuropea dell’età del boom economico.
Dopo la morte della madre, al fine di elaborare il lutto, Bambola si fa accompagnare dal fratello, a realizzare uno dei sogni della sua vita, ossia una gita presso un acqua-parco di periferia. Dovreste vedere con quanta leggiadria la Marini precipita dall’acquascivolo con il suo microscopico bikini nero! Signori miei, questa è comicità, non quella dei Vanzina! E la lunga sequenza dell’inseguimento tra Bambola ed il suo amante assatanato? La Marini, con vera e compenetrata angoscia, monta sull’Apetta del fratello, accelerando a tutta birra, ma commette l’errore di guardare più indietro che avanti, per cui va a cappottarsi nella cunetta. Rispettabili sodali, non vi sembra questa comicità verace?
Purtroppo o per fortuna, il disastro che guasta il film di Bigas Luna all’occhio di critici e spettatori non è l’ossessione voyeuristica, che insiste sulle scene di mero sesso al solo fine di evidenziare il corpo burroso della Marini (più bombola che bambola), bensì la mancata introspezione dei motivi che spingono il personaggio principale a persistere nel suo comportamento ostinatamente sensuale e sottomesso nei confronti del vigorosissimo ex-detenuto Furio. Di fronte al cadavere dell’uomo dice: “Era un porco, ma io l’amavo”. Bambola prova dei sentimenti, solo che la regia non le permette di spiegarli. Bambola non è il tipico personaggio della filmografia soft-core, come la fredda Elizabeth di Nove settimane e mezzo o come la calcolatrice Catherine di Basic instinct, ma sembra che l’unica spinta all’azione sia, in realtà, una coazione. Bambola non può fare a meno di sottomettersi ad ogni genere di violenza, perché, in verità, lo desidera; Bigas Luna crede così di farsi portavoce della paura ancestrale (nonché desiderio recondito e perverso) di ogni donna: essere posseduta sessualmente, scindendo una volta per tutte il quid fisiologico da quello psicologico, liberando la ninfomania e l’essenza masochistica represse dalle convenzioni sociali e dai sensi di colpa intrinseci. Mentre le donnine di Tinto Brass guardano al sesso con allegria, la dicotomia del piacere femminile, secondo la visione del regista spagnolo, è tutta nell’accettazione del dolore: repulsione-attrazione. Il moto primario di fronte a tale messaggio è la ribellione, ma poi ci si rende conto anche grazie alla recitazione della Marini, che è vero: che, in fondo in fondo, è il corpo (e l’uso che del corpo si fa) a causare e scatenare nelle voglie del partner il senso del possesso, non certo la motivazione sentimentale. Il desiderio sessuale è proporzionale all’attrazione della fisicità.
Il piacere per il piacere, senza sentimenti e senza futuro, è un tema che merita un’approfondita disamina, gentili creature. Non lasciatevi scappare l’opportunità di pensare a proposito. Non lasciate chiusa una porta che potrebbe costituire un varco verso la comprensione di voi stessi e delle vostre leggi erotiche.
Affittate il film o, se possibile, gustatevelo su grande schermo. O, se l’avete già visto, rivedetelo con spirito critico. Non si tratta di ragionare sul nulla, come fanno i politici: guardate solo quante argomentazioni sono riuscita a tirare fuori io, nella mia sconfinata ignoranza di indegna studiosa di storia del caffè corretto...[SM=g27960]
Avv.ssa Luna[SM=g27961]



e allora direbbero certi miei conoscenti? [SM=g27980]
scherzo ottima arringa pro bambola...ma alla fine poco cambia, a mio avviso. prodotto basso, scarso.
14/05/2005 21:51
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Ari-apologia

Scritto da: Prof V 11/05/2005 13.35
e allora direbbero certi miei conoscenti? [SM=g27980]
scherzo ottima arringa pro bambola...ma alla fine poco cambia


Naaa, sono contraria ai revisionismi e non intendo valutare il film in senso positivo: volevo solo convincere i reticenti a provare a vederlo, a non tirarsi indietro senza aver almeno vinto lo schifo. Vedo, ad ogni modo, che la mia arte retorica non funge. Tuttavia, non rinnegherò quanto ho scritto, perché ho i miei motivi. Personalmente, se non mi avesse costretta il mio guru, Lou Ratzo (eccellenza, un saluto per te: so che ci sei!), a vedere il film e rivederlo ancora e ancora, non sarei qui a discuterne. Noialtri abbiamo trascorso nottate, con le occhiaie nere, a farci domande e cercare risposte: perché la capretta? Perché le anguille? Perché la pizzeria? Il fatto che sia un film di scarsa qualità non impedisce allo spettatore di pensare e per giunta con tutte le sinapsi a palla! Alla fine, si scopre anche che vi sono dei dettagli da decifrare e, di norma, in tutte le arti che hanno a che fare con la recitazione (teatro, poesia, cinema), ciò che interessa è ciò che non si comprende.
E allora? Dove voglio andare a parare?
Vorrei capire. Capire alcune cose, come ad esempio:
#1 perché è stato girato un film del genere? Per tirare su la grana. D'accordo. Non c'è nessun altro significato recondito? Qual è la... chiamiamola "estetica" di Bambola?
#2 perché la Marini ha abiurato la sua partecipazione, dichiarando che era stato travisato il senso dello script originale? Per dirla papale papale, era in sé quando ha letto il copione? Era in sé quando ha girato certe scene? E, allora, perché non se n'è accorta prima che il film era un immondezzaio di luoghi comuni? E se il progetto originario doveva essere diverso, come doveva essere? Ma soprattutto, perché Bigas ha deciso di cambiarlo?
#3 perché tutti dicono che è un film drammatico? Secondo me, fa ribaltare dalla poltrona per le risate! Sono l'unica a pensarla così?
Ecco esposti i miei dubbi.
Act.

[Modificato da ActiasLuna 14/05/2005 21.58]

14/05/2005 22:42
La Marini...
Fa parte della scenografia mobile. Nè più nè meno di tante altre.
Le donne in tv con cervello annesso sono poche. Le altre sono aspiranti acquirenti di un cervello.

E le fanno pure cantareeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!

Mina dove sei?

Voglio Iva Zanicchi nel cda della rai
14/05/2005 23:46
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Scritto da: ciumeru 14/05/2005 22.42
Mina dove sei?


Appunto![SM=g27964] "Mi chiamo Mina, ma tutti mi chiamano Bambola": è l'incipit del film!!! Tutto torna. Grazie, cocco!
Saluti,
Acty
18/05/2005 23:49
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A proposito della Marini e di Bambola... vedetevi BIMBA, il film della Guzzanti! [SM=g27964]


[Modificato da -Vertigo- 18/05/2005 23.51]

19/05/2005 01:19
quando tiri l'acqua quello che scende non torna più,allo stesso modo questo film non può avere una metamorfosi miracolosa.inutile è la parola adatta,i commenti schifati lasciamoli ad altri,non ho molta fiducia nelle persone che dicono "che schifo troppo facilmente".LUNA BIGAS,ha fatto di meglio nell'ambito del peggio.
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