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M-il mostro di Dusseldorf

Ultimo Aggiornamento: 04/01/2005 18:05
20/12/2004 13:54
Ho visto appena ieri il film M-il mostro di Dusseldorf.
La natura dell'uomo è così interessante, l'aspetto psico-sociale è quello che personalmente mi affascina di più. Vorrei sapere se tra voi, assidui partecipanti del forum, c'è qualcuno che predilige lo stesso aspetto, o invece preferisce soffermarsi su dinamiche esclusivamente filosofiche o al contrario economico-finanziarie (sempre che questi ultimi non siamo correlati a quello psico sociale).

aspetto risposte.
20/12/2004 15:58
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Grazie Giorgio per l’interessantissimo spunto.

Friz Lang è un genio, completo per quanto riguarda l’aspetto espositivo, superbo per tocchi di regia (la palla e l’ombra) e per trovate sceniche (la “m” di gesso). Ovviamente la pellicola è intenta, suggestivamente, di particolari aspetti sociali e politici (occorrerebbe una conoscenza più dettagliata del primo cinquantennio del novecento tedesco), l’istituzione declinata,la giustizia “degli ingiusti” (blando sinonimo di delinquenti) e la base del principio etico fondamentale “i bambini non si toccano”. Altro discorso è l’estraniazione e l’emarginazione del diverso, del “malato”.
20/12/2004 15:59
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la recensione......
di Giuseppe Faraci:



Siamo nel lontano 1931 quando il maestro Fritz Lang, esponente della scuola espressionista tedesca (assieme a Wiene e Murnau) inscena quello che molti considerano il suo capolavoro, antesignano di un genere destinato a non passare mai di moda, quello sui serial killer. M sta per “Moerder”, ovvero assassino, ma anche per “Mostro”, nel titolo italiano. Il riferimento a Dusseldorf è, invece, uno dei tanti misteri che avvolgono il passaggio, spesso accompagnato da relativa storpiatura, dai titoli originali a quelli, talvolta davvero imbarazzanti, delle edizioni italiane, dato che per tutti i 117 minuti di durata del film non si fa un solo accenno a Dusseldorf, così come a nessun’altra città (quello che è dato conoscere è che si tratta di una città tedesca). Tornando alla pellicola, Lang si concede una pressochè totale libertà nelle inquadrature, che attraverso un uso assoluto dello spazio sono dal basso, dall'alto e trasversali. Il regista riesce con grande sagacia tecnica a creare ambienti e atmosfere cupe e schizofreniche, grazie a riuscitissime trovate, come l’ombra del mostro proiettata sul manifesto o il motivetto ossessivamente fischiettato.



Partendo dal presupposto che Lang fu un maestro del muto, e che questo fu il suo primo incontro col parlato, si giunge al motivo per cui questo film è considerato tra i più importanti della storia, ovvero la straordinaria capacità di sfruttare la forza dirompente delle immagini. Lang più che narrare suggerisce per allusioni e visioni evocative, rendendo terribilmente tacito il rapporto premessa/conseguenza. Un esempio su tutti è la tragica successione sedia vuota / tromba delle scale deserta / palloncino attaccato ai fili elettrici, che suggerisce (appunto, non mostra) l’avvenuto omicidio della piccola. Passando agli spunti tematici, un argomento centrale è la netta opposizione tra giustizia privata e giustizia ufficiale, evidentissima nel montaggio alternato tra la riunione dei malviventi e quella dei vertici di polizia. Questa materia richiede una disamina che conduce alla matrice espressionista (e quindi fortemente individualista) di Lang, il quale evidentemente ripudia le organizzazioni collettive, tanto è vero che sarà un semplice venditore di palloncini ad incastrare l’assassino, in barba a polizia e bande di malviventi. Del resto l’irrazionalità della folla emerge anche nella scena del quasi linciaggio ai danni di un innocente incolpato ingiustamente di essere il mostro (siamo nel 1931 e le dottrine freudiane e non solo sulla folla e le isterie collettive non potevano non esercitare una forte influenza sulle arti). In ultima analisi il trattamento riservato all’assassino è un esempio di “umanizzazione” del mostro (interpretato e completamente fatto suo da un eccezionale Peter Lorre dagli occhi sgranati), considerato inumano per eccellenza. Nella prima parte non lo si vede mai, e lo si sente parlare ancora meno. Se ne ascolta il fischiettio con cui si avvicina alle sue piccole vittime, se ne scrutano i contorni, se ne intuisce la sagoma, il profilo, e questo rende la sua figura come avvolta da un velo di arcano che lo rende terrificante, proprio perché senza volto. Nella seconda parte, nella scena del processo popolare, il mostro svela il suo volto, parla, anzi urla, piange e si dispera, commuove quasi il suo voler trovare giustificazioni plausibili ai suoi gesti. E tutto questo gli conferisce qualcosa di incredibilmente umano. Straordinario prodotto cinematografico, tra i manifesti del cinema europeo d’avanguardia, perfetta sintesi di suono e immagini, forma e contenuto.

20/12/2004 16:06
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Appartiene al filone espressionista tedesco, insieme ad altri monumenti come Nosferatu il vampiro, Il Dottor Mabuse, Il gabinetto del Dr. Caligari, in parte anche Metropolis, anche se quest'ultimo è ricordato per essere il primo film di fantascienza della storia. Tutti capolavori di Lang, Wiene e Murnau, autori apprezzatissimi (Lang era uno dei registi preferiti di Godard). Tematiche ricorrenti sono la deformazione della realtà, il doppio (Metropolis, ma anche M, il mostro in quanto spietato assassino ma anche in quanto uomo con le sue paure) e un forte individualismo che si oppone alla massificazione sociale in atto negli anni 20.
20/12/2004 17:00
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È interessante anche un altro profilo: l’irrazionalità che vuole essere giudicata dalla razionalità…..è il giudizio di Dio? Esiste ancora?
20/12/2004 17:09
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Infatti l'uomo difficilmente può accettare di essere giudicato da un suo pari. Il protagonista non si reputa meno mostro di chi lo giudica colpevole.
20/12/2004 17:12
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ma è una vittima?
20/12/2004 17:57
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chi non lo è... come tutti, solo che lui ha scelto di esserlo, le sue piccole vittime no
02/01/2005 01:41
E' spaventoso cosa la povertà può creare...e cosa creò.
In una società distrutta economicamente ma anche dal punto di vista morale si creò una volontà di sicurezza e di stabilità. Ma non è tanto questo che fu sconvolgente, tanto il radicalizzarsi di iniziative personali come la giustizia privata a cui si faceva riferimento e il terribile seguito che si concesse a farneticanti ometti con velleità da superuomini ottocenteschi.

Il mostro, il malato, il dissociato è il colpevole.
Si sentirono risuonare le trombe vittoriane. La borghesia, la piccola borghesia tedesca inventò cosa era giusto e cosa non lo era. Poi imparò il giusto e lo seguì.

La storia è fatta di uomini. E gli uomini sanno essere convincenti quando serve e stupidi quando aprono la bocca.

04/01/2005 18:05
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questa digressione storica è interessante, nonchè tremendamente attuale.

la giustizia privata e la mala organizzata che si sostituisce allo Stato.
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