| | | Post: 312 Post: 129 | Registrato il: 19/11/2003 | Sesso: Maschile | Grado: Utente | Livello: Junior | | OFFLINE |
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I fasci di luce, forme astratte nella sera di New York, si dissolvono lentamente. Il sogno di riappropriarsi di ciò che è stato perduto rimane tale e la realtà dell’inadeguatezza dell’essere si può manifestare.
Ci chiudiamo in noi stessi e, magari, passeggiando senza una meta precisa per le vie della nostra città, veniamo tormentati dai nostri più intimi dilemmi morali: Perché l’ ho fatto? Come ho fatto a ridurmi così? Quale ruolo, la mia vita mi riserverà, ancora?
E ci trasciniamo in un mondo fatto di solitudine, non accettiamo sostegni, non riceviamo sostegni……….sembriamo malati terminali risucchiati dal gioco delle parti, simulazione teatrale: “Non puoi augurare buona fortuna a chi sta per andare all’inferno”.
Ce la prendiamo con ciò che amavamo, amiamo…….con coloro che ci facevano sentire stabilmente elementi del nostro mondo. Ce la prendiamo con New York, capitale del mondo, del nostro mondo, colpita, ferita. Se ci sentiamo inadeguati è anche causa sua. Ce la prendiamo con Frank e con la sua voglia di essere sempre il migliore, con il suo desiderio di possedere ciò che ci appartiene. Ce la prendiamo con Jake e il suo finto perbenismo, ce la prendiamo con il suo essere perfettino. Ce la prendiamo con Naturelle, troppo bella e troppo innocente per non essere stata causa del nostro arresto. Ce la prendiamo con papà e il suo continuo tormento che l’ ha estromesso dalla realtà. Ci sentiamo inadeguati, tormentati da una vita che non è nostra. Ci sentiamo spettatori inadeguati, della vita di chi ci sta intorno.
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