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La 25a ora - emozioni

Ultimo Aggiornamento: 09/02/2004 11:04
08/02/2004 13:50
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I fasci di luce, forme astratte nella sera di New York, si dissolvono lentamente. Il sogno di riappropriarsi di ciò che è stato perduto rimane tale e la realtà dell’inadeguatezza dell’essere si può manifestare.
Ci chiudiamo in noi stessi e, magari, passeggiando senza una meta precisa per le vie della nostra città, veniamo tormentati dai nostri più intimi dilemmi morali: Perché l’ ho fatto? Come ho fatto a ridurmi così? Quale ruolo, la mia vita mi riserverà, ancora?
E ci trasciniamo in un mondo fatto di solitudine, non accettiamo sostegni, non riceviamo sostegni……….sembriamo malati terminali risucchiati dal gioco delle parti, simulazione teatrale: “Non puoi augurare buona fortuna a chi sta per andare all’inferno”.
Ce la prendiamo con ciò che amavamo, amiamo…….con coloro che ci facevano sentire stabilmente elementi del nostro mondo. Ce la prendiamo con New York, capitale del mondo, del nostro mondo, colpita, ferita. Se ci sentiamo inadeguati è anche causa sua. Ce la prendiamo con Frank e con la sua voglia di essere sempre il migliore, con il suo desiderio di possedere ciò che ci appartiene. Ce la prendiamo con Jake e il suo finto perbenismo, ce la prendiamo con il suo essere perfettino. Ce la prendiamo con Naturelle, troppo bella e troppo innocente per non essere stata causa del nostro arresto. Ce la prendiamo con papà e il suo continuo tormento che l’ ha estromesso dalla realtà. Ci sentiamo inadeguati, tormentati da una vita che non è nostra. Ci sentiamo spettatori inadeguati, della vita di chi ci sta intorno.

08/02/2004 13:52
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Lo spettatore che assiste a “La 25° ora” è mosso da una travolgente sensazione di imbarazzo nel dover assistere alle intimità dei personaggi del film. E’ costretto a sbirciare le loro sensazioni, e non riesce a giudicarne i comportamenti: “Chi sono io per giudicare la loro esistenza?”, “perché mi devo mettere in mezzo a certe questioni”. La stessa inadeguatezza che provano i personaggi del film nel vivere quell’esistenza, la prova lo spettatore……
E allora, può capitare di dover assistere alla discussione tra Jake e la sua allieva alle loro spalle, oppure assistere alla scena al parco prima del pestaggio, a circa cinquanta metri dai personaggi. Ci tocca sbirciare il dolcissimo incontro tra Monty e Naturelle, al ritorno dalla discoteca, oppure gli sfoghi amari dei personaggi, le loro frustrazioni, repressioni, le loro intime riflessioni.
E in tutto questo Spike Lee, firma una regia emozionante, con le sue riprese nervose all’inizio, penetranti e sensuali pian piano che il film procede. Ci propone stacchi doppi o tripli in modo da enfatizzare maggiormente la scena. Ma ci illude, quando disegna il futuro del “così dovrebbe andare”….lo spettatore si commuove nel vedere risorgere la speranza. Monty si sposa con Naturelle, costruisce una vita alternativa. Del fu Monty si ricorda il solo orgoglio di essere newyorkese, prima ancora di essere irlandese. Ma ti illudi solamente, le ferite sono lì...................pronte ad entrare all’inferno.
08/02/2004 13:54
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Un film talmente intenso, da dover scrivere pagine e pagine di commento, prima di riuscire a decifrarne pienamente i contenuti. Scene intense e devastanti, personaggi caratterizzati dalla loro profonda intimità e inadeguatezza.
Monty è uno spacciatore, beccato dalla polizia e costretto a scontare sette anni di galera. Trascorre le ultime ventiquattro ore cercando di ricostruire i legami che il suo lavoro aveva deteriorato. La brutalità del suo impiego viene bilanciata dalla ricerca di un’innocenza definitivamente perduta. Innocenza rappresentata da Nautrelle, con il suo abitino da scolaretta, in una bambinopoli.
Ma lo spettatore solo alla fine riesce a scrollarsi dal dubbio che la sua innocenza sia solo una maschera. Il dilemma è sempre presente “è stata lei ad incastrare Monty?”. Disagio inconsciamente amplificato da quel vestito argentato che aggredisce la mente.
Non è stata lei ad incastrarlo……...............non l’avrebbe mai fatto, l’amava.
Jake è un amico d’infanzia di Monty, ora professore nello stesso liceo dove hanno studiato. Frustrato anch’egli dalla sua esistenza, così inadeguato nel suo ambiente da dover cercare una trasgressione che lo appaghi. Ma sarebbe un autopiacere momentaneo, una depressione susseguente.
Frank lavora a Wall Street……..vive la sua esistenza alla ricerca perenne di profitto, del migliore investimento possibile, vuole per lui sempre il meglio, fa parte del novantanovesimo percentile. Prova una sorta di invidia nei confronti di Monty, vuole avidamente e segretamente possedere ciò che appartiene all’amico.
Il padre di Monty vive il perenne dolore della morte della moglie. Un dolore che lo allontana dalla realtà, dal figlio, dalla sua stessa esistenza.
Tutti i personaggi del film deteriorano se stessi con dilemmi devastanti. Vengono assaliti dai sensi di colpa nei confronti degli altri. Temono di essere in qualche modo responsabili delle situazioni creatisi….si disperano per le occasioni perdute.
Ma ci si chiede chi è il protagonista dell’opera? Ad immediato acchito si risponderebbe, a parer mio erroneamente, Ed Norton. Il protagonista del film è il set, il film stesso (mi permetterete questo avvitamento). Il protagonista, per ricollegarmi al secondo post, non può che essere l’inadeguatezza dell’essere personaggi e spettatori.
Ma adesso mi fermo, rammaricato dal non essere riuscito ad inserire le sensazioni che nascono dal vedere New York, sventrata, violentata. Una New York che si trascina, ma che cerca orgogliosamente di risorgere. La speranza di risorgere è sempre viva, presente, finchè.............................
Distrutta da quegli occhi gonfi dietro il finestrino di una macchina

Yeast
09/02/2004 10:55
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Yeast belle parole ma..
hai ragione un po' su tutto ma sei arrivato con buoni 4 mesi di ritardo, Il film è stato ampiamente omaggiato un po' da tutti, compresi i "guru" Vittorio ed Emanuele.
09/02/2004 11:04
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Meglio tardi che mai......... [SM=g27961]
Prima l'ho metabolizzato per benino, e poi pronto a buttar giù le mie impressioni.

Yeast
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